di Carlo “Carletto” Cappellari
Ai veneziani piace ricordare Marco Polo, e piacciono i suoi racconti, le sue descrizioni, le “meraviglie” da lui incontrate nei suoi viaggi. Il fascino delle sue pagine nasce dal suo sguardo giovane, “vergine”, capace appunto di meravigliarsi. Questo atteggiamento di curiosità, di ammirazione accompagnata da una buona dose di disincanto, mai pedante o saccente, è fatto proprio dal nostro Carletto da Camisan, che ha ironicamente intitolato “Les Merveilles du Monde” – come il libro di Marco Polo – la corrispondenza con i soci della sua “Compagnia Gongolante”.
La forma originale di questi resoconti è in effetti una serie di email spedite ogni domenica notte da fine 2017 ad un nutrito gruppo di amici: questo aspetto conviviale è stato qui mantenuto perché possa essere apprezzato e condiviso – come si dice oggi – più largamente.
P.S. Carlo Cappellari ha arricchito le sue esplorazioni sulle acque di Mestre, continuando la sua corrispondenza settimanale con la “Compagnia Gongolante”. In particolare è stato attratto da dove – come lui dice – le acque formano un’isola: i fossati dei Forti della cintura (qui non pubblicata, per la marginale attinenza ai temi del Contratto di fiume).
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I FIUMI DI MESTRE SONO IL MARZENEGO
Per conoscere una città bisogna entrarci e per entrarci uno può scegliere la strada, l’autostrada, la ferrovia e, se c’è, anche il porto o l’aeroporto.
Io ho scelto di farvi entrare a Mestre dal suo fiume che è, anzi sono, il Marzenego.
Avrei voluto farvi arrivare via acqua, ma ho dovuto rendermi subito conto che il Marzenego è il fiume meno navigabile del Veneto, causa la presenza di almeno 18 impianti molinari, gran parte dei quali inattivi o distrutti lasciando sul posto il caratteristico ed invalicabile salto d’acqua.
Mi sono quindi dovuto accontentare degli argini che fiancheggiano il corso del fiume. Non che sia stato facile perché l’esploratore di argini deve fare i conti con i proprietari delle aree situate lungo gli argini quando questi abusivamente le intercludono, con i cani dei proprietari quando le proprietà non intercludono gli argini e con gli spacciatori nelle aree e parchi pubblici.
A tutti questi soggetti la presenza di un anziano signore con in una mano una cartina geografica e nell’altra una macchinetta fotografica e/o cellulare appare fastidiosa quanto, nel caso migliore, un rappresentante della Folletto, nel caso peggiore, un agente della narcotici o, peggio, di Equitalia.
La mia strategia è stata, quindi, quella di cogliere di sorpresa proprietari, cani e spacciatori, invadendo senza preavviso i loro siti, sparando fotografie a raffica, per poi allontanarmi il più velocemente possibile.
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Carissima Compagnia Gongolante,
Il mio viaggio è iniziati dal mulino Ronchin, ultimo della serie dato che il mulino Gaggian, che vantava detto titolo, si è visto sparire il fiume dal fianco a seguito di una rettifica del corso.
Al mulino Ronchin si accede da via Mulino Ronchin in fondo alla quale troverete Villa Barbarich ora Hotel. Anche se non temete i cani e i guardiani, arrivati alla hall, vi sentirete dire che loro con il mulino non c’entrano niente e vi diranno di rivolgervi all’attività a fianco.
Se dall’attività a fianco riuscite a farvi aprire il cancello elettrico scorrevole, potrete vedere il fiume che arriva dalla frazione di Zelarino fino al salto d’acqua del mulino.
Se riuscite a superare un bel po’ di attrezzatura depositata sotto un portico, vedrete che il salto d’acqua è sovrastato da una passerella in metallo, purtroppo sbarrata da una inferriata da cui ho sporto il cellulare per fotografare l’acqua in uscita dalla gora.
Sfruttando l’aspetto da innocuo pensionato che prima di mezzogiorno non può tornare a casa altrimenti disturba le occupazioni della moglie, ho ottenuto una temporanea concessione a passare sull’altro lato dell’ex mulino dove ho potuto documentare l’ampio bacino e il tratto a valle del mulino che passa dietro a Villa Barbarich.
Ho fatto anche a tempo a fotografare il mulino da valle con un particolare della divisione del corso del fiume in due parti mediante la tipica insula; nello spazio fra l’insula e il muro del fabbricato vi erano due ruote che non ci sono più dal 1966. (nota 1).
A quel punto è arrivata la responsabile dell’attività che, peraltro molto gentilmente, mi ha revocato l’autorizzazione temporanea e pregato di ritornare da dove ero venuto e non tornare più.
Reso euforico da tanto successo ho deciso di provare a verificare cosa fosse rimasto del summenzionato mulino Gaggian che per l’appunto doveva trovarsi in via del Gaggian cinquecento metri più a valle, ma l’opificio è ora irriconoscibile in quanto camuffato da chissà cosa.
Via del Gaggian finisce in un lungargine sterrato frutto di una evidente rettifica del fiume..
Dato che verso valle passa la tangenziale mi sono Incamminato verso monte e verso un ponte che si è rivelato essere la linea ferroviaria Venezia/Treviso oltre al quale, sulla sinistra, vi è una torre piezometrica (confidenzialmente dividucolo), che, con l’impianto di sollevamento fognario sulla destra, appartiene all’acquedotto di Mestre.
Avendo durante la mia passeggiata messo in fibrillazione tutti i cani del quartiere ho pensato bene di battere in ritirata prima che qualche nobiluomo rivierasco indagasse sul motivo da tanta cagnara.
Per conoscere altre meraviglie del mondo non dovete far altro che aspettare la prossima puntata.
Basi Grandi.
Carletto da Camisan diventato venexian, anzi mestrin
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Nota 1. Le notizie sul Molino Ronchin e sul Molino Gaggian sono tratte da: “Il Marzenego. Vivere il fiume e il suo territorio”, Edizioni a cura del COMUNE DI VENEZIA, Stabilimento grafico Tonolo Mirano/Venezia, dicembre 1985. Disponibile per consultazione e prestito alla biblioteca VEZ.
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