Intervista alle sorelle Bonotto

Bonotto Gino, L’ultimo mugnaio

 

Bonotto Gino nella campagna intorno al mulino con i figli di Nicla. Maggio 1972

Bonotto Gino nella campagna intorno al mulino con i figli di Nicla. Maggio 1972

 

Giovanna: Cosa mi dite di vostro papà?

Odilla: Il papà era amante della vita, della terra, della montagna.

Nicla: Ha impiantato tutti quegli alberi da frutto: passato maggio c’erano le ciliege quasi bianche con la mazzetta rossa, erano le più buone, dopo c’erano i duroni.

Odilla: Coi primi scavi che hanno fatto (quelli del Consorzio)[4] hanno dovuto tagliarle perché la macchina non passava, mi è dispiaciuto da morire. Prima venivano (a pulire il fiume dalle erbe) con 3 o 4 corde e 4 lame, ma veniva tagliata bene. Venivano con vento e piova, tutti bagnati, andavano sotto la segheria e si portavano la pignatella per mangiare.

Nicla: Mia mamma la scaldava a bagnomaria e mio papà preparava la bottiglia de vin da portare.  Il livello di scarico dovevamo tenerlo noi pulito e bisognava mettere i paletti di legno perché non franasse e mio papà pagava perché facessero quel lavoro. Adesso invece tocca a loro e sono pochi.

Giovanna: Odilla, che ricordo ha del papà mugnaio?

Odilla: Che lo facevo sempre disperare perché non lo ascoltavo mai.

Odilla Bonotto a 10 anni con un cugino

Odilla Bonotto a 10 anni con un cugino

Giovanna: E cosa voleva suo papà?

Odilla: Che ubbidissi un poco di più, che facessi manco malanni, perché ero discola, facevo le solite stupidate. Era silenzioso, mai una mano alzata, piuttosto che darci uno schiaffone stava senza mangiare lui da quanto male che stava.

Giovanna: Diceva che gli zii avevano l’altra metà del mulino. Andavate d’accordo?

Odilla: In famiglia, al di sopra di tutti i dispetti che intercorrono in una buona famiglia, non mancava niente, c’era una mentalità di famiglia nel male e nel bene. Non ci mettevano fuori a mangiare come in tante case, che i ragazzi si mandavano a mangiare fuori sulla scala come i servi.

C’erano sempre due servitori al mulino, uno dedito al lavoro del mugnaio e uno che andava per i campi. Magari mangiavano un po’ prima o un po’ dopo di noi familiari, ma sempre a tavola. In tante case, quando andavo anche qua vicino, la moglie stava su un canton, il maschio a tavola con i figli. A casa mia non ho mai visto questo, magari si mandavano in malora, ma famiglia.

Giovanna: Lei è più giovane di sua sorella, di che anno è?

Odilla: ’49.

Giovanna: Quindi lei parla degli anni 50-60?

Odilla: Sì. Mio papà nel suo silenzio trafficava con la farina, macinava, salutava chi veniva, metteva i sacchi in fila per chi partiva, entrava e usciva a preparare il carro per mio fratello che andava a portarli per le famiglie o suo cugino Aldo che li portava via col camion. Avevano clienti fino a Sant’Angelo di Santa Maria di Sala e a Massanzago. Andavano ogni giorno.

Nicla: E mio fratello col cavallo o col mulo faceva i giri vicino a casa. D’estate c’era il periodo di secca, perché magari a Castelfranco distribuivano l’acqua per i campi e lasciavano in secca gli altri. Allora, per tenersi la clientela, prendevano tutto col camion e andavano a macinare fino ai molini di Libralon ad Arsego, caricavano, scaricavano.

Giovanna: In quel periodo funzionava solo questo mulino nella zona?

Odilla: No, c’era quello dei Zanini di sopra e quello dei Zanini di sotto, detti Rossi, erano cugini. C’era anche il mulino di Gomierato che ha venduto, perché si era annegato un bambino e quello che ha comperato ha recintato.

Nicla: E’ successo anche qua tanti anni fa, prima che nascessimo: la sorella del cugino Aldo, una ragazzina, doveva andare alla chiesetta dove erano le sorelle per pulire perché il giorno dopo c’era la sagra. Lei è andata sopra il ponte, che era più stretto, c’era il cavallo con il carro, c’era il ghiaccio, è scivolata sotto, è andata sotto le ruote del mulino. Mio papà…!

Giovanna: E con l’alluvione del ’66 avete avuto acqua in casa?

Odilla: Abbiamo avuto acqua qua attorno, mai avuto acqua qua dentro. La stradina che portava al campo diventava tutto uno specchio, ma in casa mai venuta. Anzi ai tempi dei tempi, quando c’è stata l’alluvione del Polesine, abbiamo ospitato a mangiare due tre bambini. Mi ricordo che mia mamma mi dava da tenere in braccio a una, ero piccola, e lei mi pizzicava. Mia mamma non capiva perché piangevo sempre. Dopo mi ha cambiato e ha visto che ero tutta pizzicata!

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