Pino Sartori, biologo, Vicepresidente dell’associazione La Salsola.
Traccia della conversazione per un incontro per il Contratto di Fiume Marzenego a Robegano (VE) organizzato dall’Associazione Terra viva il 16 novembre 2016.
CONTRATTO DI FIUME MARZENEGO
Qualità delle acque e diversità biologica del fiume Marzenego
Il professor Giuseppe Sartori, come è noto, è un biologo ed è a buon diritto anche il portavoce del Forum delle Associazioni per il Contratto di Fiume Marzenego Osellino. La sua figura di militante ambientalista e soprattutto le sue competenze scientifiche e il suo spessore culturale costituiscono tuttora uno dei punti di riferimento del processo di costruzione “dal basso” del Contratto di Fiume.
Questo suo contributo è il testo della conferenza tenuta a Robegano il 16 novembre 2016, durante l’iniziativa pubblica “Qualità dell’acqua e dell’ambiente del Marzenego” promossa dall’Associazione Terra Viva. Il lavoro è stato pubblicato sul sito della Associazione La salsola, di cui è vice presidente.
storiAmestre tiene molto alla sua maggior divulgazione per la accuratezza dell’analisi scientifica e per le prospettive di riqualificazione culturale e progettuale del concetto di inquinamento che le sue indicazioni contengono. Per questo siamo grati all’Associazione e all’autore per aver permesso questa pubblicazione.
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Parlando di fiumi e spesso con ingegneri idraulici, ho avuto l’impressione che, per formazione culturale, l’ingegnere veda “istintivamente” i corsi d’acqua come risorse economiche da sfruttare – a fini energetici, irrigui, industriali – o come indisciplinati apportatori di calamità, da sottoporre a rigida regimazione.
Dagli anni ’80 sec. scorso, però anche loro sono cambiati e le ragioni dell’ecologia fluviale oggi sono (quasi) paritetiche a quelle dell’idraulica.
Il punto di vista sul fiume del biologo/ecologo, pur partendo dalla consapevolezza che lui opera partendo dalla dimensione micro, si è formato anche alla dimensione macro, proprio per le peculiarità della stessa problematica che per forza di cose è intersettoriale.
Le onnipresenti irregolarità della morfologia fluviale e la loro mutevolezza spaziale e temporale, la sinuosità del tracciato (che, purtuttavia, tanto si allontana dall’andamento sinusoidale che le forze terrestri impongono a tutte le acque sul pianeta), le isole fluviali, la vegetazione alveale e riparia (fig. 1) e tutti quegli elementi che conferiscono ad ogni fiume una propria individualità erano considerate fattori di “disordine idraulico”, fastidiosi elementi di complicazione dei calcoli idraulici e indisponenti deviazioni da quel “modello ideale” di corso d’acqua (con profilo longitudinale regolare e sezione di forma geometrica, in ogni tratto corrispondente alla portata) che, probabilmente, è il sogno segreto di ogni ingegnere.
Qui di seguito potete vedere l’opera dell’ingegnere su uno dei più bei fiumi d’Italia il Sangro che scende dal Parco Nazionale d’Abruzzo dove vive anche la lontra. Nella fig. 1 il fiume Sangro com’era a monte del ponte di Villa Scontrone e com’è immediatamente a valle (figg. 2 e 3). La buona notizia di questi giorni (novembre 2016) è che è stato approvato il progetto di rinaturalizzazione di ritorno all’aspetto com’era.
Immagino, ancora con le sensibilità di adesso, che riflettendo sull’impatto ambientale delle opere fluviali, il primo pensiero dell’ingegnere vada agli aspetti estetico-paesaggistici mentre i popolamenti acquatici, ad eccezione forse dei pesci, vengano dimenticati, o, comunque, considerati di importanza marginale.
In realtà, per il biologo, il “modello ideale” è invece quello “inventato” dalla natura: in esso la forma geometrica, l’ordine, la regolarità sono eccezioni rarissime, quasi impensabili. Proprio quel “disordine idraulico” – più propriamente quella che noi biologi definiamo “diversità ambientale” – riveste, invece, una straordinaria importanza per la funzionalità degli ecosistemi fluviali.
Pertanto in queste occasioni di confronto fra vari approcci, l’ecologo ha la possibilità di collaborare assieme ad altre professioni, alla costruzione di una chiave interpretativa dell’impatto delle opere ingegneristiche-architettoniche ed urbanistiche sugli ambienti fluviali iniziando a tracciare, necessariamente a grandi linee, le necessità del fiume per un suo ottimale funzionamento, in tutti i sensi, compreso quello biologico.