I FOSSI SCOMPARSI

L’annosa questione della manutenzione dei fossi, svolta un tempo dai proprietari della terra, poi molto spesso trascurata fino alla loro scomparsa, o rimpallata tra il Consorzio e i Comuni che ne avrebbero la competenza, fino alla sua energica rivendicazione per la valenza di protezione idraulica ed ecologica che riveste, è ricostruita e descritta con ampie citazioni di testi normativi da M. Giovanna Lazzarin in questa sua ricerca dal titolo suggestivo “Morte e rinascita dei fossi“.

MORTE E RINASCITA DEI FOSSI

di M. Giovanna Lazzarin

 

Friburgo è una città del Baden-Württemberg famosa per il complesso di piccoli canali (larghi circa 30 cm e profondi 5-10 cm) che, prendendo l’acqua dal fiume Dreisam, scorrono in continuazione ai lati delle strade di tutte le vie del centro grazie ad una particolare pendenza della città.

Una via del centro di Friburgo attraversata dal canale

Una via del centro di Friburgo attraversata dal canale

Erano stati costruiti a partire dal XIII secolo per rifornire d’acqua la città e far fronte agli incendi. Negli anni Settanta del Novecento molti di questi canali furono dichiarati pericolosi per la circolazione e   ricoperti con grate di ferro o chiusi.   Quando l’intero centro storico è stato pedonalizzato, i canali sono stati riaperti e ora sono diventati un elemento architettonico caratteristico della città.

 

1. Il fosso, una risorsa per il territorio

Il ricordo dei fossi

Questo rapporto ambivalente coi fossi si vede anche per il bacino idrografico del Marzenego.

Se andiamo ad ascoltare chi viveva negli anni 50 e 60 del Novecento lungo la Castellana e quindi vicino al Marzenego, il ricordo dei due larghi fossi ai lati della strada è preciso.

Aldo Scantamburlo, classe ’29, nato in una famiglia che abitava in via del Gazzato alla Cipressina dalla seconda metà dell’Ottocento, ricorda benissimo gli ampi fossati che costeggiavano la strada. Anche la via del Gazzato che, partendo dal molino Gaggian, attraversava la Castellana per proseguire verso il luogo dove ora si trovano le scuole della Cipressina, aveva fossi e alberi ai lati, quello a ovest “attraversava addirittura la Castellana all’altezza dell’attuale bar Marina”[1]. Ecco la sua intervista.

 

Il grande fossato della strada Castellana alla Cipressina nel 1960. Foto Federico Minorello

Il grande fossato della strada Castellana alla Cipressina nel 1960. Foto Federico Minorello

Questa foto del 1960 mostra il grande fossato di acqua corrente che correva alla Cipressina lungo la via Castellana all’altezza di via Piazzetta; in centro si vede il ponte che lo attraversava, si notano anche le rive erbose.

Gianpaolo Quaresimin ha passato la sua giovinezza, negli anni 50 del Novecento, vicino al Marzenego a Zelarino e ricorda bene i fossi e le piscine dove giocava:

A ridosso del fiume c’era una serie di fossi, non so dove andavano a scaricare, credo sui rii affiancati, perché duecento metri più in là del Marzenego, dove c’era un’osteria, c’è un rio che passa e un altro più a monte che l’hanno messo a posto. Quindi i fossi scaricavano là. La falda d’acqua era più alta una volta perché in pieno inverno questi fossi ghiacciavano e andavamo con la issariola, fatta come una munega ma più corta e più robusta, rustica, con due ferretti sulle due estremità […] Davamo spinte forti e riuscivamo a far dei bei tratti. Qualche volta andavamo a scuola con la issariola, e poi la lasciavamo sul fosso…E tutti in braghe corte, sempre, anche d’inverno […]   Allora tutti avevano l’orticello, d’estate dal fosso si pescava per bagnare l’orto perché non avevamo ancora l’acquedotto.

 I fossi allora, spiega Gianpaolo, erano anche una risorsa per la famiglia a cui i bambini potevano contribuire:

Ero il figlio più vecchio e aiutavo a casa, perché mio papà, siè fioi, eh. Di giorno andavo a rane, c’era gente che andava di sera col ciaro a carburo. Rubavano le rane che spesso erano accoppiate e le infilzavano con una spunciariola da 30-40 spuncioti. Anch’io le spunciavo, nessuno che mi avesse insegnato a rispettar la natura. Andavo con l’ancoretta a tre ami che serve per prendere anche il luccio. Lo spago sarà stato lungo un metro e mezzo due e stando acquattato andavo sia sul Marzenego che lungo i fossi o sulle peschiere e davo un colpo là, tac. […] Tornavo a casa con a fianco dieci, venti rane che sgambettava. Poarete![…]

A fine estate insieme con le donne andavo sui fossi in cerca delle canne alte, c’era anche qualche amico mio delle volte, in braghe corte e scarpe per non farci male. Facevamo dei mazzi e dopo ci davano qualche soldino quelli che facevano le scope – c’era Salviato – per il terrazzo a Venezia[2].

Ecco l’intervista a Gianpaolo Quaresimin. 

Gianpaolo Quaresimin è il primo del gruppo che sta seguendo la visita al Marzenego il 2 giugno 2014, giorno della prima intervista.

Gianpaolo Quaresimin è il primo del gruppo che sta seguendo la visita al Marzenego il 2 giugno 2014, giorno della prima intervista.

I fossi erano una risorsa per la famiglia e per l’ambiente

Queste e altre testimonianze[3] ci restituiscono un’immagine ricca e vitale dei fossi costruiti dalla collettività lungo i secoli per canalizzare le acque e utilizzati per irrigare e per raccogliere piante, pesci, insetti, rane –   risorse alimentari e integrazioni economiche – ma anche, come spiegano i naturalisti, valido strumento per migliorare gli aspetti microclimatici, assorbire i fitonutrienti dell’agricoltura, trattenere il deflusso nelle acque, rendere più vario e piacevole il paesaggio.

2. La decadenza dei fossi nella seconda metà del Novecento

I fossi però vengono visti come un intralcio

Ma già negli anni 60 del Novecento quei fossi vengono visti come un intralcio: restringono la strada, hanno bisogno di manutenzione, sembrano poco igienici, vengono accusati di causare   allagamenti.

Nel 1962 nella relazione sul progetto generale per la sistemazione del Fiume Marzenego e dei sui affluenti fatta dai Consorzi di bonifica Dese superiore e Dese Sile inferiore in funzione della nuova rete di fognature della terraferma veneziana si propone di eliminare i vecchi fossati stradali:

Per la sistemazione igienica di questi [i centri abitati nelle zone Nord-Ovest di Mestre] sarà quindi necessario costruire collettori fognari per acque miste, eliminando i vecchi fossati stradali che del resto sono ormai praticamente inservibili, per i molti tombinamenti eseguiti senza un piano organico razionale. La funzione di collettori per acque di scolo agricolo, che avevano i fossati lungo le strade, dovrà perciò essere affidata a nuovi canali aperti parallelamente ai vecchi fossati, ma al di fuori dei centri abitati, e collegati ad un sistema di collettori consorziali principali, che possano in ogni caso assicurare il rapido smaltimento delle acque[4].

Si confrontano due modi di considerare i fossi

I fossati vengono visti dal progetto come un sistema di scolo idraulico che poteva servire quando il territorio era campagna, ma non certo adatto a una struttura urbana.

Proseguendo la lettura del progetto si intuisce però una differenza di pensiero tra il Consorzio Dese Superiore, nella persona dell’ing. Giuseppe Ceron e il consorzio Dese Sile inferiore, nella persona dell’ing. Aldo Rinaldo. Infatti nel progetto redatto dal Consorzio Dese Superiore tra le varie cause dell’aggravamento della situazione idraulica del bacino del Marzenego vengono indicati:

[…] il restringimento o l’eliminazione di fossati secondari di scolo, la mancanza di manutenzione dei fossi stessi, la costruzione di inadeguati ponticelli per l’accesso da strade alle proprietà sempre sempre più frazionatesi, l’estensione degli abitati e la costruzione e l’esercizio di stabilimenti industriali in Comuni ora dichiarati zone depresse. Per l’insieme di queste circostanze ad ogni piena si verificano vasti allagamenti, con permanenza dell’acqua per due o tre giorni, ed ancora più vasti infrigidimenti in terreni argillosi con conseguenti gravi danni all’agricoltura.[5]

L’ingegner Ceron, come spiega nella sua intervista il geometra Mirco Capo, apparteneva alla vecchia scuola ingegneristica “della cariola e del badile” attenta alla conservazione e alla manutenzione di fossi, fiumi, canali mentre l’ingegner Rinaldo, di trent’anni più giovane, è aperto alle innovazioni rese possibili dai nuovi macchinari e si pone il problema di portar via il più presto possibile l’acqua verso la laguna, cementificando e rettificando.

Nel 1968, quando il geometra Capo entra a lavorare nel consorzio di bonifica Dese Superiore, l’ingegner Ceron è già andato in pensione e l’impostazione dell’ingegner Rinaldo è quella prevalente.

I fossati lungo la Castellana verranno eliminati e sostituiti dalle tubazioni dell’impianto fognario di tipo misto che il comune di Venezia stava predisponendo. Ecco come si presenta oggi il punto dove scorreva il grande fossato della via Castellana nel 1960.

 

Via Castellana oggi. Qui scorreva il grande fossato della foto precedente

Via Castellana oggi. Qui scorreva il grande fossato della foto precedente

Ma questa sorte toccherà a molti altri fossi.

 

Un fontanazzo di 40 cm.

Fabrizio Zabeo di fossi interrati, ostruiti o addirittura scomparsi se ne intende. Venerdì 13 agosto 2010 non riusciva a capire perché la sua casa cominciava ad allagarsi; erano le 12.15, dal cielo scendeva una pioggerella normale, per strada c’erano pochi centimetri d’acqua, ma dal tombino vicino a casa usciva un fontanazzo di 40 centimetri. Senza le paratie alle porte tutti gli abitanti della zona sarebbero andati sott’acqua. Alle 19.15 di quel giorno Zabeo dà la sua spiegazione del mistero a Massimo Bonella, che lo intervista per   Pianeta Oggi Tv online:

 L’acqua che arriva da noi non è quella che cade dal cielo, ma proviene dalla zona del mercato e dai campi sportivi, dove abbiamo quasi la certezza che ci siano delle occlusioni. Quando il sistema è carico, l’acqua invece di incanalarsi verso la fognatura principale in via San Donà, ritorna indietro per la strada e in 5 minuti viene da noi – 140 famiglie – e ci inonda. L’anno scorso nella nostra zona hanno fatto i lavori della fognatura ad opera d’arte, ma se l’asta principale della fognatura in via Passo Pordoi è occlusa e di là l’acqua non passa tutta, defluisce verso di noi perché siamo il catino.  Nella zona appena dietro al mercato di Favaro Veneto passava fino agli anni sessanta un fossato, il Trego nord, che è stato tombinato quando hanno costruito la via Martiri della Libertà[6].

 Pietro Pavan, che è nato quando quell’area era tutta campi, se lo ricorda bene: 3 metri per due di fossato che si ingrossava con le acque provenienti da un rio di Carpenedo. All’incrocio dei due rii, dove adesso c’è la bocciofila, quando lui era giovane c’era la busa de Poppi, perché lì l’acqua ristagnava. Pavan ha visto con sollievo i lavori degli anni settanta quando hanno tombinato il Trego, incanalato i due rii negli canali abbinati a lato della via Martiri della Libertà e costruito il canale Scolmatore, perché la zona è diventata più asciutta[7].

Cosa è successo allora dopo?

Zabeo pensa che questi tubi, messi 40 anni fa e passanti per determinate proprietà, siano occlusi o siano stati addirittura tolti. Per questo va alla ricerca del Trego nel suo percorso sotterraneo, senza mai trovarlo.
I fossi – spiega – sono, per un territorio, come i capillari del nostro corpo, le arterie sono i canali. Quando spariscono i fossi, quando i canali sono insabbiati, è come se il territorio subisse un infarto.
I fossi hanno un invaso enorme e poi rilasciano l’acqua un poco alla volta; ma se fossi e canali sono insabbiati, basta poco perché l’acqua anziché defluire faccia l’opposto. Se l’Osellino, che ha una larghezza media di 6/7 metri ed una profondità media di 2 metri, ha un metro e mezzo di fango, è un metro e mezzo di fango che è là fermo per cui, pur sembrando un canale, smaltisce meno acqua di un fossato! E questa riduzione, per interramento o ancor peggio per i fossi scomparsi, va applicata a tutto il nostro sistema idrico .
[8].

I fossi forniscono un enorme volume di invaso temporaneo

Forse non è così evidente l’importanza della funzione dei fossi quale contributo alla riduzione del rischio idraulico, ma la capillarità nel territorio della rete idrografica minore, per chilometri e chilometri, fa sì che questa costituisca un enorme volume di invaso temporaneo che consente di trattenere le acque di pioggia, rilasciandole lentamente ai ricettori canali consortili – e da questi ai fiumi – con tempi tali, il più delle volte, da attenuare gli effetti dei picchi di piena e quindi evitando le gravi conseguenze delle tracimazioni.

 

3. Un nuovo approccio per la manutenzione e naturalizzazione di fossi e canali

Bisognerà arrivare agli anni Novanta del Novecento perché questa idea prenda forza e a un approccio prettamente idraulico nella progettazione, gestione e manutenzione dei corsi d’acqua volto al rapido deflusso dell’acqua verso il mare si affianchi un approccio più ecologico e gentile

ingegneria gentile

(ingegneria gentile) che mira al ripristino e al mantenimento delle condizioni di naturalità dei corsi d’acqua per garantire la funzionalità ecologica insieme a quella di rischio idraulico.

Per il bacino del Marzenego questo cambiamento è legato, oltre all’aggravarsi del dissesto idrogeologico, anche al problema del disinquinamento della laguna di Venezia.

La legislazione sta ormai accogliendo le norme di buona manutenzione consigliate da ingegneri e ecologisti

Due sono le leggi principali che hanno recepito un approccio più ecologico:

la Legge 183/89 – “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” che ha come obiettivo la sicurezza idraulica e la qualità ecologica degli ambienti fluviali;

e la Legge speciale per la salvaguardia della laguna di Venezia che mira alla protezione dall’inquinamento e dall’intrusione salina e mette a disposizione importanti finanziamenti.

Accanto ad esse va segnalata la direttiva europea 200/60 sul buono stato ecologico delle acque.

Rivalutare il ruolo dei fossi

Queste leggi portano a rivalutare il ruolo dei fossi e l’importanza della loro manutenzione anche nel nostro territorio. La nuova Legge Regionale n. 12 dell’8 maggio 2009 – Norme per la bonifica e la tutela del territorio – dà importanza a questo argomento, che viene trattato specificamente nell’articolo 34.

Ad essa fa seguito il Manuale per la gestione ambientale dei corsi d’acqua a supporto dei consorzi di bonifica che offre indicazioni tecniche per costruire, conservare, fare la manutenzione dei corsi d’acqua anche minori, prendendo ad esempio i corsi naturali.

La funzione dei fossi nel mantenere l’equilibrio idraulico del territorio viene evidenziata con forza nelle Linee guida pubblicate nell’agosto 2009 dal Commissario straordinario per il coordinamento degli Interventi urgenti conseguenti agli eventi che hanno colpito la zona di Mestre e il bacino scolante in Laguna di Venezia nel 2007.

Se nel progetto generale del 1962 per la sistemazione del Fiume Marzenego e dei sui affluenti i vecchi fossati stradali potevano essere eliminati a favore di nuovi collettori più moderni, in queste linee guida viene ne consigliata la manutenzione e si chiede la realizzazione di fossati ai lati delle nuove strade o rotonde in costruzione per l’importante ruolo equilibratore per la rete idrografica esistente, mettendo in comunicazione i diversi collettori[9] .

Lavori di ripristino e allargamento del fosso by pass a Favaro Veneto

Lavori di ripristino e allargamento del fosso by pass a Favaro Veneto

Questa foto mostra un esempio significativo del ruolo che possono svolgere i fossati per prevenire e mitigare il rischio idraulico come è descritto in Da un fosso quasi scomparso grandi opportunità, ma molti sono i fossi che stanno scomparendo e potrebbero rinascere a nuova vita migliorando la situazione idraulica e la qualità dell’ambiente. A Noale nel 2012 il Consorzio di bonifica Acque risorgive ha ripristinato il vecchio tracciato della Piovega degli Annati ridotto a un piccolo fosso non arginato, come prevenzione contro il rischio idraulico (link articolo La nuova Venezia)

Nel 2012 la Provincia di Venezia, in collaborazione il Centro Internazionale la Civiltà dell’Acqua ha elaborato il manuale : Gestire i fossi privati. Regole per una buona manutenzione e linee guida per i Comuni.

Sulla sua base alcuni comuni del bacino del Marzenego hanno emesso dei regolamenti per la tutela dei canali minori: Noale[10]Venezia[11] Resana[12] Trebaseleghe[13] Piombino Dese.

Aldino Bondesan nell’intervento del 2009 su Fattori geomorfologici e idrogeologici degli allagamenti (link) aveva detto con chiarezza che il contesto geomorfologico e idrogeologico del nostro territorio enfatizza le conseguenze delle precipitazioni eccezionali e condiziona anche gli interventi di mitigazione attuabili.

Che fare, allora? Gli era stato chiesto.

Bisognerebbe avere delle buone reti di scolo. E’ stata la risposta.

Avere, ad esempio, dei fossi in grado di raccogliere l’acqua piovana e portarla via…

Maria Giovanna Lazzarin

 

§ § §

[1]      Intervista ad Aldo Scantamburlo, in Andrea Darisi, Cipressina. Storia di un quartiere di Mestre nel secondo dopoguerra, tipografia Baldo 2005, p.91
[2]      Passi dall’intervista fatta a Gianpaolo Quaresimin da M.Giovanna Lazzarin il 14 ottobre 2014.
[3]      Testimonianze simili si trovano nel libro di Andrea Darisi, cit.
[4]      Archivio consorzio di bonifica Dese Sile, fondo Consorzio Dese   Superiore, Serie Lavori, sottoserie Progetti generali, busta n.758 1962 dic.3, progetto generale per la sistemazione del fiume Marzenego e dei suoi affluenti, esteso dagli ing. Giuseppe Ceron, Giandomenico Ferri Cataldi, Aldo Rinaldo e dal geom. Italo Ravasini, congiuntamente al Consorzio di bonifica Dese Superiore, p.3, in Archivi Contemporanei di Storia Politica – Fondazione Cassamarca, Ca’ Tron di Roncade.
[5]      Archivio consorzio di bonifica Dese Sile, fondo Consorzio Dese Superiore, Serie Lavori, sottoserie Progetti generali, busta n.758 1962 dic.3, progetto generale per la sistemazione del fiume Marzenego e dei suoi affluenti, esteso dagli ing. Giuseppe Ceron, Giandomenico Ferri Cataldi, Aldo Rinaldo e dal geom. Italo Ravasini, congiuntamente al Consorzio di bonifica Dese Superiore, p.14, in Archivi Contemporanei di Storia Politica – Fondazione Cassamarca, Ca’ Tron di Roncade.
[6]      M. Luciana Granzotto, M. Giovanna Lazzarin, Acque alte a Mestre e dintorni. Storie, luoghi, persone (2006-2012), quaderno 13 di storiAmestre, p. 27.
[7]      Intervista di M. Giovanna Lazzarin a Piero Pavan, Favaro Veneto, 10 giugno 2010.
[8]      M. Luciana Granzotto, M. Giovanna Lazzarin, Acque alte a Mestre e dintorni. Storie, luoghi, persone (2006-2012), cit., p. 36.
[9]      Linee guida per gli interventi di prevenzione dagli allagamenti e mitigazione degli effetti” a cura del Commissario Delegato per l’emergenza concernente gli eccezionali eventi metereologici del 26 settembre 2007 che hanno colpito parte del territorio della Regione del Veneto, 3 agosto 2009
[10]    Regolamento comunale per la pulizia e la manutenzione dei fossati, comune di Noale, approvato con d.c.c. n. 48 del 28/09/2011.
[11]    Regolamento della rete idraulica minore nel territorio della terraferma del comune di Venezia. Approvato con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 77 del 07 ottobre 2013.
[12]    Regolamento comunale di polizia idraulica, comune di Resana, approvato con delibera di consiglio comunale n. 37 in data 22.10.2014.
[13]    Regolamento comunale di polizia idraulica, comune di Trebaseleghe, Approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 13 del 30/04/2013.

§ § §

SEGNALIAMO inoltre che sul sito di storiAmestre si possono leggere altri interventi di Fabrizio Zabeo sul tema dei fossi e del fiume:

1. Un euro di manutenzione o dieci di danni? Tener bene i fossi conviene.

2. Recuperare i fossati (dal primo seminario Acque Alte 2913), Video di Massimo Bonella e Fabrizio Zabeo.

3. Una passeggiata lungo il Marzenego. Con mappe e fotografie.

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