Acque alte a Mestre e dintorni

Acque alte a Mestre e dintorni: pensare al futuro

di M. Giovanna Lazzarin, Fabrizio Zabeo (storiAmestre)
Intervento tenuto al Convegno “26.9.2007 – 26.9 2017: Cos’è cambiato?“.
Centro Culturale Candiani,  26 sett. 2017
Giovanna Lazzarin è intervenuta al Convegno del Candiani (vedi atti e locandina) con questo testo accompagnato dalla proiezione di alcune diapositive. Il decennale dell’alluvione del 2007 è stato l’occasione per ripercorrere la situazione idraulica del territorio e gli interventi seguiti a quei disastrosi eventi. Giovanna ha scelto il punto di vista della partecipazione di cittadini, associazioni, comitati, studiosi di varie discipline, storici, ecc., mostrando come la voce dei soggetti esterni agli Enti preposti (tecnici e politici) sia non solo quella delle vittime colpite dagli eventi, ma anche quella di cittadini attenti ed informati, capaci di dare soluzioni ai problemi anche specifici, e di pungolare e indirizzare l’azione dei responsabili (ahimè, non sempre con successo). L’invito del titolo a “pensare al futuro”, apparentemente così soft, contiene un solido richiamo alle buone pratiche e alla lungimiranza, e a favorire la coscienza civica ed ecologica che ha dato contributi così rilevanti in questo decennio. In nessuno degli interventi infatti è stato commentato o anche solo ricordato l’avvio del Contratto di Fiume Marzenego.

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Può sembrar strano che un’associazione di storia a Mestre abbia dedicato 4 anni di laboratori e convegni, dal 2009 al 2012 su quanto accaduto nel 2006-2007 ai quartieri della terraferma veneziana e ai comuni di cintura investiti – con tempi e intensità diverse – dalla stessa emergenza allagamenti.

Anche noi ce ne siamo stupiti.

Comitati allagati protestano davanti al municipio di Mestre 1.10.2007

Comitati allagati protestano davanti al municipio di Mestre 1.10.2007

All’inizio ci aveva incuriosito osservare quanta energia e partecipazione mettevano le persone, riunitesi in comitati allagati, di fronte a questo evento straordinario e avevamo iniziato a porci qualche domanda:

  1. Quali le cause di breve, medio, lungo periodo di questo evento?
  2. Quali forme di sapere del territorio vengono messe in gioco?
  3. Come agiscono le persone di fronte a un evento straordinario?
  4. Quale ruolo svolgono le istituzioni?
  5. Quali azioni pensare per un futuro sostenibile del nostro territorio e delle sue acque?

Quello su cui indagavamo poteva rivelarsi un fatto di cronaca come altri, invece più procedevamo, più il tema si allargava nel tempo e nello spazio e gli avvenimenti si rivelavano essere un evento che permetteva di capire come si stava muovendo la città e non solo.

Prendiamo la domanda più banale, le cause.
Per capire cosa era successo siamo risaliti addirittura a 16.500 anni fa, quando, come ci ha spiegato il geologo Aldino Bondesan, il Brenta ha finito di costruire il deposito della  pianura “fossile” impermeabile su cui viviamo. Il lungo lavoro del Brenta è visibile nella cartina sotto.

Le principali direttrici di deflusso tardo-pleistoceniche del Brenta, nell’area compresa tra Sile e Naviglio Brenta; 1) direttrici di deflusso; 2) confine delta provincia di Venezia; 3) dossi del Piave; 4) dosso del Sile; 5) dossi del Brenta (Pleistocene); 6) dossi del Brenta (Olocene); 7) ubicazione delta sezione stratigrafica di Fig. 8. da A. Bondesan et alii (2004).

Le principali direttrici di deflusso tardo-pleistoceniche del Brenta, nell’area compresa tra Sile e Naviglio Brenta. 1) direttrici di deflusso; 2) confine delta provincia di Venezia; 3) dossi del Piave; 4) dosso del Sile; 5) dossi del Brenta (Pleistocene); 6) dossi del Brenta (Olocene); 7) ubicazione delta sezione stratigrafica di Fig. 8.
da A. Bondesan et alii (2004).

 

Abbiamo così capito che ci trovavamo in una situazione geomorfologica più che sfavorevole:

  • quote del terreno molto prossime o inferiori al livello del mare, che senza idrovore sarebbero sott’acqua;
  • pendenze molto scarse, per cui l’acqua ha difficoltà a defluire superficialmente;
  • terreni poco  permeabili;
  • aree chiuse dai dossi fluviali oppure dai terrapieni viari, con deflussi difficoltosi;
  • falda freatica superficiale che, essendo prossima alla laguna, tende ad oscillare con essa.

Questo anche senza affrontare il grande tema della cementificazione creata dall’uomo.

Alla fine abbiamo chiesto a Bondesan: allora che fare?

“Bisognerebbe avere almeno delle buone reti di scolo, che invece mancano”.

[continua >>>]

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