MARIO: La famiglia di mio nonno è andata in Argentina, suo fratello è nato là, sono tornati negli anni quaranta e poi sono andati via ancora.
M.T.: Dopo la guerra o prima?
TILDE: Prima de la guerra, Bruno [suo marito] l’è tornà che mi avea ancora disdoto ani, me suocero ga fato do ani de prisonia in Germania so a prima guerra e me marίo ga fato do ani de prisonia sull’ultima guera.
MARIO: È andato via a diciannove anni, nel ‘39.
GIOVANNA: Era messo male quando è tornato?
TILDE: No, parché l’è stà quasi do mesi prima de tornar proprio, ma alora i ghe dava anca da magnar.
MARIO: Era in campo di concentramento in Austria, diceva che bisognava arrangiarsi, andava fuori del filo spinato a patate, le mettevano dentro una stufa e le mangiavano così.
TILDE: Patate no ghe n’à magnà pì, dopo! I disea che le scorze dee patate ghe le dea ai mas-ci labio [mangiatoia dei maiali], e insomma i ‘ndea a rubar quele scorze là. Eh, eh!
MARIO: Era uno che si adattava, di fisico sano e ce l’ha fatta. Quando è arrivata la liberazione ne sono morti tanti perché mangiavano troppo. Invece loro prendevano tre-quattro galline e mangiavano il brodo. All’inizio pesava cinquanta chili ed era alto un metro e ottanta.
TILDE: Eh, eh! Sentire dele volte che vite che faseva! E dopo con poco – digo poco mi – l’è partio.
MARIO: È caduto dalla scala.
GIOVANNA: Quanti anni aveva?
TILDE: 76 anni.
MARIO: Del ‘96…Sfortunato, perché ha battuto la testa qua dietro su un tappo del rimorchio.
TILDE: Sul cerveleto e basta, a mezzogiorno e un quarto iera, i lo ga portà in ospedale, che mi go dito: quel omo là che sia ndà pai campi ancora! Perché spetavimo el pì zovane che lavorava da Zizola [pasticeria di Resana] e spetavimo sempre de magnar verso un boto e iera mezodì: dove saralo quel omo là che ancora nol vedo? Vado davanti e lo trovo in tera che el sgrafava el cemento…
MARIO: Ha battuto la testa ed era già morto, ha fatto un’emorragia… L’abbiamo caricato in macchina, l’abbiamo portato a Castelfranco, ma hanno detto che non c’era più niente da fare.
TILDE: A le sinque e un quarto l’è morto .