di Mario Tonello
Resana (Treviso) ospita le origini del Marzenego, fiume di risorgive. Le sue acque inizialmente sono alimentate dalla confluenza di 3 fiumi: il Coriolo Fratta, L’Acqua Longa e il Musoncello proveniente dalle fosse delle mura di Castelfranco Veneto. Il territorio costituisce il bacino di risorgive più grande d’Europa, cha va dalla zona paludosa di Onara (con un’oasi, ora Sito di Interesse Comunitario), a San Martino, Treville, Resana, Vedelago, Casacorba (dove c’è il Parco del Sile), ecc. Nella zona infatti hanno origine anche il Dese, il Draganziolo, lo Zero e il Sile.
A Resana è attiva da più di 10 anni l’associazione “Cason de Pometo”, creata da Felice Campagnaro, che, a proposito di risorgive, conduce una annosa battaglia per la riapertura delle sorgenti del Dese, patrimonio storico, paesaggistico e turistico del suo paese. Felice Campagnaro ha uno studio grafico ed è anche piccolo editore di bei volumi di notevole pregio, tra cui “Resana, immagini e testimonianze di un recente passato”, di Italo Caon, Grafi Editore.
Ci siamo incontrati nel suo studio e abbiamo chiacchierato a lungo. Ecco una ampia sintesi dei nostri discorsi.
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Aperta sul tavolo c’è la grande mappa simbolica del Marzenego che storiAmestre ha preparato per il sito www.ilfiumemarzenego.it. La guardiamo insieme.
FELICE: Cosa significa questa scritta “Argine chiuso a 750 metri?
MARIO: In questo caso vuol dire che se arrivi all’argine per questa strada, e vai a destra, troverai che dopo 750 metri l’argine è chiuso.
FELICE: Chiuso? Cosa vuol dire chiuso?
M.: Significa che c’è un cancello, o uno sbarramento, che non si può passare e bisogna tornare indietro.
FELICE: un cancello?
M.: : Ce ne sono decine e decine di chiusure così!
FELICE: Queste sono robe incredibili, e sai perché ci sono? Perché sono i Consorzi di Bonifica che lo permettono in deroga alle leggi vigenti e al buon senso!
(…)
M.: Di chiusure ce ne sono una strage lungo gli argini! A me piace fare passeggiate sugli argini dei fiumi. Il Marzenego me lo sono fatto avanti e indietro un paio di volte.
FELICE: E da dove sei partito?
M.: Dal Coriolo, in via Fratta di Resana.
FELICE: Dalla via Fratta? Ma no l’è lì el Marzenego! El Marzenego, te sa dove che l’è, no? Parte dalla confluenza del Coriolo-Fratta col Musonello e con l’AcquaLonga, che è poco prima. Qui, guarda,…
(mi mostra una carta del 600, con dei bei disegni delle case sulle due rive del fiume)
Qui c’è la “casa madre” dei Caon, in via Boscalto, dove una volta c’erano boschi estesi e adesso è una zona industriale…
… Questa è Resana antica, qui è la villa Da Mosto del 1509 …; La mappa me l’ha data l’ex direttore della Biblioteca di Castelfranco, Giacinto Cecchetto, noto storico della Castellana.
… Il Marzenego – eccolo qua – el ciapa l’acqua dall’Avenale che alimenta le fosse delle mura di Castelfranco, le cui sorgenti a sua volta provengono dall’Asolano.
Ecco il Marzenego si chiama così da qua (indica la confluenza del piccolo fiumiciattolo Coriolo Fratta col più consistente Musonello) dove passa sotto la via Roma. Il Musonello però andava avanti qua, dove c’è la zona industriale, ma è stato chiuso.
M.: Ma allora secondo te, l’origine del Marzenego è alla confluenza del Musonello e del Coriolo Fratta?
FELICE: : Si, ma la portata d’acqua maggiore è soprattutto del Musonello, la cui acqua viene da Castelfranco…
M: Guarda però che molte pubblicazioni e siti, i Corpi Idrici della Regione, per es., mettono la sorgente a Fratta.
FELICE: Ah! Addirittura!
M.: Il Consorzio Acque Risorgive invece la mette alla confluenza dell’Acqua Longa con il Musonello.
FELICE: Perché probabilmente hanno considerato la portata d’acqua.
M.: Allora, quello che abbiamo accertato è che il Marzenego comincia alla confluenza del Musonello e del Coriolo Fratta prima del ponte di via Roma. Sai, io spesso mi disoriento perché i nomi dei fiumi sono diversi su ogni carta!
M.: Ma se non sbaglio tu e la tua Associazione “Cason de Pometo” qui a Resana, avete immaginato di segnalare con delle targhe il nome, di “battezzare” tutti i fiumi e sorgenti più importanti della vostra zona, perché così uno passa, vede il nome del corso d’acqua e ne riconosce per così dire l’esistenza.
Mi racconti come è nato questo progetto, chi l’ha ideato? Che difficoltà avete avuto, perché vorrei che anche altri sapessero che problemi ci possono essere, se qualcuno volesse imitarvi, quali sono le maniere più giuste per ottenere i permessi, ecc. ?
FELICE: Il progetto è nato 10 anni fa, quando è nata l’associazione, nel 2005.
Tutto è nato dopo quell’opuscolo “Riscoprire Resana” che tu hai visto, nel quale abbiamo inserito l’unica piantina idrografica del Comune di Resana. Il Comune non l’ha ancora fatta, sta facendo il Piano Acque adesso, capisci? Perché finalmente hanno capito che senza un piano le inondazioni sono di norma. Nella nostra piantina del 2005 abbiamo messo tutti i fossi (io ho trovato anche dei fossi antichi) perché abbiamo visto che tanti proprietari tentavano ancora di coprirli, 10 anni fa, eh! E allora abbiamo detto: Che facciamo? e ci siamo messi attorno a un tavolo e abbiamo segnato sulla piantina dove sono i fossi.
M.: Se c’è un fosso sconosciuto, si può anche coprirlo, interrarlo, senza tanti problemi. Se però c’è un nome, è più difficile! Il nome lo salva.
FELICE: Lo salva, esatto. Quello era l’intento, già 10 anni fa.
M.: ma i nomi li avete chiesti a chi ci abitava, non li avete inventati; sono i nomi tradizionali.
FELICE: E certo. Siamo andati anche in Comune a vedere.
M.: Poi avete perfezionato il progetto?
FELICE: Sì. Cosa è successo? Nella passata legislatura, in giunta c’era gente che non ci credeva, insomma, mentre in questa giunta la delibera è passata all’unanimità. Io ho però posto una condizione vincolante, quella di “riesumare” (è proprio la parola giusta) le sorgenti del Dese. E mi hanno detto di sì.
M.: Che problema c’è con le sorgenti del Dese?
FELICE: Il Dese adesso sembra nascere dal niente, sbuca improvvisamente da sotto un ponte con l’acqua deviata dal Musonello. Questo è frutto di tutte le concessioni date dal Consorzio Brentella Piave (ora Consorzio Piave) ai proprietari confinanti con le sorgenti del Dese. Dall’altro lato del ponte non c’è traccia di fiume. Le sue risorgive sono state sepolte. Io voglio che vengano riportate alla luce. Sono un patrimonio geografico, storico, culturale non solo per il nostro paese, ma anche per il Veneto. Devono essere riportate alla luce. Ci tengo molto.
M.: Ma voi qui siete più concentrati sul Dese che sul Marzenego? E’ più importante per voi il Dese?
FELICE: Purtroppo sì, dato che le risorgive del Dese sono sparite. Oltre che al Comune di Resana, ho chiesto spiegazioni anche al presidente del Consorzio Piave ma mi ha detto che loro non centrano, sono quelli di prima che hanno fatto i disastri!
E guarda caso, già che ne parliamo, due settimane fa hanno comunicato che il demanio del Dese è in vendita. Cosa vuol dire? che se non c’è più demanio, le sorgenti del Dese non esisteranno più. Quindi i privati con l’avvallo del Consorzio Brentella Piave prima intubano le sorgenti del Dese sperando che si secchino, poi addirittura chiedono a questo Consorzio Piave che siano loro vendute e il Consorzio accetta. Doppia beffa per i cittadini onesti di Resana: ora purtroppo, tramite il comune, devono riscattarsi il demanio del Dese per riavere le sorgenti.
Quindi, quando il sindaco Mazzorato mi ha domandato se ho ancora il progetto “Adotta un fiume” nel cassetto ho accettato, però a condizione che mi riesumasse le sorgenti del Dese.
M.: E hai avuto una risposta?
FELICE: Sì la risposta è stata positiva, anche la giunta ha deciso di andare avanti.
Tra l’altro, non ci sono solo le sorgenti del Dese, qui, ma c’è in mezzo la strada comunale, l’antica Aurelia, che andava da Padova ad Asolo e da cui prende il nome anche Loreggia. Fino agli anni 70 è stata comunale, i Resanesi andavano in bicicletta fino a Castelfranco. Poi privati e industrie se ne sono appropriati quasi del tutto; qualcuno ha chiesto di averla dalle Amministrazioni di allora e ha fatto anche un rogito. Quindi è stato svenduto un bene comune dal valore immenso sia storico, sia economico.
M.: Ma si può revocare quell’atto di vendita, c’è un mezzo giuridico per sanare quell’atto?
FELICE: Si può certo. Il Comune decide che quella deve essere un’area di uso pubblico, per fare ed esempio una strada…
M.: Ma deve espropriare…
FELICE: Si può espropriare oppure vincolare il terreno anche con una semplice servitù di passaggio. E al proprietario gli conviene accettare perché in futuro potrebbe aver bisogno anche lui di quella pista ciclabile o di altro.
M.: Un buon compromesso insomma.
FELICE: Esatto, un buon compromesso, perché una volta non c’erano compromessi, c’erano solo favori. Così abbiamo perso patrimoni immensi, di fiumi, di sorgenti, anche qua a Resana, di strade, ecc.
M.: Quindi l’Associazione “Cason de Pometo”è sorta per la cura del territorio e delle sue acque?
F: Esatto. E’ nata per la volontà di alcune persone, io ed altri, interessate alla salvaguardia del territorio. Avevo visto già 10 anni fa che era un disastro, qui a Resana.
Hanno chiuso fossi indiscriminatamente e c’era un patrimonio immenso di passaggi, servitù, strade antiche perse, strade comunali; strade vecchie ma sempre strade del Comune, del patrimonio comunale segnate anche nelle mappe dell’800… Comunque i disastri sono stati fatti dagli anni 70. Negli anni 70 é stato permesso a tutti i contadini che avevano acquistato terreni dai latifondisti, di appropriarsi dei fossi, sorgenti, strade, servitù ecc…in cambio solo di una cosa: il voto!!
Qui a fianco della Castellana passa il Musonello detto “Rosta dei Mulini”. Una volta ce n’erano tanti di mulini; qui a Resana ce n’erano due di proprietà delle famiglie Zatta.
Mi ricordo io, che qui nel Musonello, da ragazzo venivamo a pescare, vicino al mulino. Da qua al Marzenego, c’era una quindicina di fossi laterali, proprio studiati ai tempi dei veneziani perché quando c’era esondazione l’acqua andasse giù; erano lunghi anche trecento metri! Una volta qua era tutta palude, e per quanto mi ricordo io, che sono venuto ad abitare qua negli anni 50, c’erano questi fossi, che adesso sono stati tutti chiusi.
M.: Tutti chiusi?!
FELICE: Tutti chiusi! E sai quel progetto che hanno fatto i ragazzi dell’università… è praticamente di ripristinare quello che avevano già fatto i nostri avi.
M.: E perché i contadini non hanno avuto cura, non hanno fatto la manutenzione dei fossi, che spesso sono la salvezza nelle inondazioni, per l’invaso che costituiscono, per la facilitazione del deflusso delle acque, ecc.
FELICE: Perché il contadino, dopo la fine del latifondo, prima aveva rispetto anche perché i padroni mettevano delle regole, giustamente, e però dopo le regole sono saltate…… è mancata l’autorità politica e morale…Il fosso e quant’altro bene comune è diventato di sua proprietà… … E quando venivano le stravaganse, noi in dialetto chiamiamo così le bombe d’acqua, quando l’acqua non sta più dentro il fosso e va fuori, lo spirito era quello: “tanto l’acqua da me passa e va più giù, su quello degli altri”.
M.: Ma bisogna mantenerli i fossi altrimenti…
FELICE: I fossi trattengono milioni di metri cubi d’acqua. Ogni campo aveva il suo scolo d’acqua, che prima di sboccare nel fiume principale, tratteneva l’acqua che poi scorreva e non si riversava di colpo nel fiume. E ora, sono milioni i metri cubi d’acqua che noi buttiamo dentro i fossi principali.
Noi qui a Resana siamo messi così: siamo una zona bassa e a rischio. Se il Muson dei sassi arriva all’argine, come l’anno scorso e tracima, l’acqua arriva fin qua in centro a Resana che siamo a 2 chilometri e succede un disastro! Non è ancora successo, ma c’è mancato poco.
M.: Toglimi una curiosità: prima mi hai mostrato un libro che hai pubblicato tu sulle case rurali, e ho notato una cosa che credevo fosse propria del Veneto orientale: i casoni col tetto di paglia. Nel libro si vedono le caratteristiche di queste costruzioni, le piante, i materiali ecc. C’erano anche qui i casoni?
FELICE: Una volta sì, ma durante il fascismo sono stati aboliti tutti i tetti di paglia perché fatiscenti e pericolosi.
Anche qui a Resana fino agli anni ’50 ce n’erano una ventina. Ora ce n’è uno solo. Dopo il 1995, avevamo visto una grande opportunità turistica su questo edificio storico ma il proprietario non voleva e non vuole vendere. Il diritto di prelazione l’aveva il Comune. Io ero andato dal sindaco a dire: Compralo! Compralo! 30 milioni, costava, 30 milioni: niente! Con la terra e tutto! Ma ha rinunciato!
Sai i casoni dove erano ubicati? I padroni della terra, i latifondisti, davano ai braccianti la possibilità di farsi una capanna provvisoria di canne palustri in un terreno incolto perché dopo dovevano lavorare, ed essere in orario al mattino, perché tante volte questi braccianti venivano da fuori per fare lavoro stagionale. Ed essendo ritagli di terra, fa conto 15 metri per 150, non erano soggetti a tasse e ai braccianti restava solo quel poco per mangiare, per vivere insomma.
Allora i diritto di prelazione l’aveva il Comune e il Comune non l’ha preso. Il padrone è stato dentro fino quasi al 95, e la famiglia ha venduto in casone poco dopo la sua morte. Il proprietario si chiamava Arcangelo Peron detto “Pometo”.
M.: Era il nome di questo proprietario?
FELICE: No, ti spiego perché. Suo papà aveva un gozzo, e a Resana i lo ciamava “pomo” per la forma; il figlio è nato ma era di piccola statura, quindi veniva detto “Pometo”. E quindi abbiamo chiamato la casa e poi anche l’Associazione “Cason de Pometo”.
Siamo poi andati dal proprietario nuovo, che però non vuole assolutamente vendere, che farà qua, farà là, farà manifestazioni con le scuole,…; in realtà aspetta che vada giù, per poi farsi una casa. Ma il sindaco 5 anni fa gli ha messo un vincolo, per cui non può far niente. Il sindaco gli ha anche detto, guarda che facciamo la perequazione, ti diamo la stessa cubatura e te la porti alla tua casa, e lui ha detto di no. Insomma, adesso vediamo…
M.: Comunque voi che siete l’Associazione “Cason de Pometo”, cosa volete fare?.
FELICE: Dato che qui non c’era possibilità di far niente, abbiamo cominciato a fare attività per le scuole, passeggiate, incontri culturali, ecc.
M.: Ci sono altre associazioni, gruppi, ecc. che hanno questi interessi? legati all’ambiente, ai fiumi, ecc.? per esempio pescatori, ciclisti…
FELICE: Ciclisti sì, ma vanno a fare giri che so in Sardegna, in Lombardia, ma non sono particolarmente interessati come associazione ai problemi dell’ambiente.
M.: Non chiedono di fare piste ciclabili, magari lungo i fiumi…?
FELICE: No, i ciclisti vogliono solo correre, andando in collina, o al Graappa….
M.: Insomma qui siete i pionieri della difesa dell’ambiente.
FELICE: Abbiamo provato a coinvolgere i giovani. Ma hanno tante altre attività, per esempio organizzano la corsa podistica, partecipano alla sagra… Noi per 8 anni abbiamo fatto la “Passeggiata” naturalistico – culturale. Cioè molti venivano solo per fare la passeggiata, per camminare, ogni tanto mangiar qualcosa, ecc. Ma noi facevamo tappa in un luogo storico di Resana, per esempio tristemente sul luogo delle sorgenti del Dese (che non ci sono), alle sorgenti dello Zero, ai rustici, alla villa Da Mosto, a Casa Marta, a casa Barea Toscan, ecc., spiegando ai partecipanti la storia, la bellezza, l’arte la cultura che ci hanno tramandato i nostri avi.
M.: E chi veniva a queste passeggiate? Ragazzi, adulti…?
FELICE: Le famiglie, sì.
M.: E veniva gente?
FELICE: Sì, all’inizio venivano 300-350 persone… ma poi sono sempre diminuite, perchè a non tutti piace la cultura, la storia, la bellezza della natura. Facevamo anche attività collaterali coi bambini durante le passeggiate, con degli animatori, era una bella cosa, insomma.
M.: La gente è diminuita perché? Perché il bacino di utenza è piccolo?.
FELICE: Ma perché anche nella sosta, sentire uno che parla del rustico, delle sorgenti che dopo vanno a finire nel tal posto, ecc. tanti bambini si annoiano, capisci. Allora ci vorrebbe una organizzazione diversa, capisci. Tanti poi venivano per fare la passeggiata e basta. Mentre per noi era una passeggiata culturale, ecco, per valorizzare il patrimonio storico e culturale della città. Siamo andati in tutti i posti notevoli del territorio, ai laghetti per esempio, sui quali abbiamo lavorato con la Fondazione Benetton, per esempio.
Poi abbiamo lasciato perdere, perché andando in giro si trovano anche molte cose da sanare, e bisognerebbe allora fare un esposto, e non tutti sono d’accordo. E’ difficile arrivare in fondo. Perché, la legalità costa, soprattutto se non hai qualcuno alle spalle. Prima c’erano anche quelli, pensa, che praticamente avevano il tacito consenso per fare gli abusi.
E allora abbiamo fatto altre attività, abbiamo fatto degli incontri, per esempio sui casoni, e su altre cose.
M.: Ma del Contratto di Fiume, di questa istituzione, se ne parla?
FELICE: In Comune ne parliamo, ma bisogna anche che ci rendiamo conto che qui a Resana non è facile… Io ho provato anche a vedere con dei giovani se vengono, perché io vorrei che in ste robe qua, fusse i giovani che ’ndesse avanti. I giovani più validi, si dedicano tutti ad altre cose, tipo feste, sagre, sport, tornei di calcio, bravi ragazzi, eh!
M.: Ma una cosa non dovrebbe escludere l’altra.
FELICE: Eh, ma è impegnativo. Tutti i ragazzi qui hanno il loro lavoro, capisci. Qualche giovane però dovrebbe pensare al suo futuro…
M.: Però i problemi sono la mancanza di ragazzi che si impegnano, oppure sono resistenze di proprietari, ecc. Per esempio al Contratto di Fiume Marzenego, il Comune aderisce?
FELICE: Sì, aderisce. Sono già venuto due tre volte alle assemblee, con l’assessore, ma però l’assessore ha poco tempo e vorrebbe delegarmi, ma anch’io sono impegnato col lavoro, capisci. Comunque il sindaco ha deciso di aderire, anche in maniera convinta. La cosa bella è che il Sindaco lascia libertà di fare a chi ha buone proposte e le porta avanti, ma ci vuole spirito di adattamento. Ci vorrebbero dei proprietari confinanti col fiume che siano sensibili e dire: c’è il cartello, diamo un contributo: 100 euro, 200 euro… Spero che alcuni ragazzi che abbiamo contattato con l’Assessore alla Cultura e Ambiente, prendano coscienza della situazione in cui ci troviamo e portiamo avanti assieme il progetto.
M.: Una proposta per i proprietari della riva, o anche per i cittadini…
FELICE: … per i cittadini sensibili che hanno voglia di contribuire, e potrebbero essere tanti.
M.: Avete avuto la partecipazione dei ragazzi delle scuole con cui avevate fatto iniziative nel passato?
FELICE: Certo, abbiamo proposto alla Scuola Media il progetto ADOTTA UN FIUME a tema “L’acqua bene comune” con “Temi – Disegni – Sms” da premiare alla Giornata Mondiale dell’Acqua del 22 Marzo 2015. Un insegnante ha portato avanti il lavoro, ma è stato abbandonato dai colleghi, per cui dai ragazzi sono arrivati solo SMS: temi e disegni no. Un contributo molto ridotto, capisci.
M.: Felice, ho una certa esperienza della scuola, e capisco bene quello che dici.
FELICE: Ma guarda, nel 2010 due professoresse sono state bravissime; per la giornata mondiale dell’acqua hanno fatto fare dei temi, che ho ancora, e dei disegni meravigliosi. Vedessi cosa hanno fatto. Ci si potrebbe fare un libro. Guarda, nelle passeggiate culturali sono venuti dei relatori molto bravi, preparati. Ma per i giovani ci vorrebbe la scuola, qui a Resana c’è fino alla terza media, ma ci vorrebbe la fascia superiore per questi progetti qua, per capirne l’importanza.
M.: Bene, Felice. Abbiamo aperto questo contatto che spero si prolunghi e si sviluppi anche in futuro, tra la sorgente e la foce del Marzenego. Ti ringrazio del tempo che ci hai dedicato.
FELICE: Senz’altro. E perché non fare una biciclettata cominciando da Resana? O fare delle passeggiate, e trovarci a metà strada, a Trebeseleghe, per esempio? O invitare i bambini dei comuni rivieraschi del Marzenego a depositare dei piccoli pensieri su dei contenitori sull’acqua del Marzenego e voi a Mestre li fermate, poi facciamo festa e li premiamo?
M.: Ottima idea. Pensiamoci.
FELICE: Senti, vuoi che andiamo a vedere il mulino Zatta?
M.: Certo!
E la chiacchierata continua per strada verso la via Aurelia, le sorgenti nascoste del Dese e il Mulino Zatta.
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