Le prime strade documentate in area veneta sono le vie consolari romane, le quali tuttavia dovevano ricalcare almeno in parte il tracciato di preesistenti piste di comunicazione tra i maggiori insediamenti dei Paleoveneti qui stabilitisi dal II millennio a.C.: nella parte orientale della regione, la vicina Altino, Padova e Treviso.
La graduale, pacifica inclusione del territorio dei Veneti nella compagine romana, a partire dalla fondazione della colonia di Aquileia nel 181 a.C. fino al riconoscimento alle popolazioni locali della piena cittadinanza nel 49 a.C., ebbe senza dubbio come suo fondamentale strumento la realizzazione di strade che, integrandosi nella rete viaria romana, collegassero i maggiori centri della regione tra loro, con il resto della penisola e con la capitale.
La via Postumia (148 a.C.), da Genova ad Aquileia per Tortona, Piacenza, Cremona, Verona, Vicenza, Oderzo e Concordia Sagittaria, e la via Annia (131 a.C.) da Adria ad Aquileia passando per Padova, Altino e Concordia Sagittaria (fondata nel 42 a. C.), dove si univa alla Postumia, costituivano i due lati di un grande triangolo viario, completato dall’Emilia tra Rimini e Piacenza e collegato alla Flaminia e dunque con l’Urbe attraverso la via Popilia da Adria a Rimini; un sistema di strade mediante il quale era consentito ai Romani un efficace controllo politico e militare della Pianura Padana.
Delle due principali arterie della rete viaria veneta (completata dalla Emilia minor da Bologna a Padova per Este, del 175 a.C., e dalla Claudia Augusta da Altino al Danubio, del 46 d.C., una volta conquistati i territori transalpini), la Postumia non interessava il bacino del Marzenego, transitando poco a nord delle sue sorgenti, sopra l’attuale Castelfranco. Invece l’Annia nel suo percorso incrociava il nostro fiume in vicinanza della foce. Dopo Padova, tenendosi sulla destra del Medoacus (Brenta) la strada giungeva fino a toccare il bordo della laguna, in una mansio ad Portum (una stazione di sosta con vitto e alloggio) da riconoscersi nell’attuale Porto Menai di Piazza Vecchia in comune di Mira; da qui virava verso nord attraversando i Bottenighi e giungendo al Marzenego a una mutatio ad Nonum (una stazione di cambio cavalli a nove miglia da Altino), posta fra il futuro borgo di Marghera e Cavergnago, per poi proseguire lungo il margine lagunare per le odierne Campalto e Tessera e oltre il Dese fino ad Altino. È possibile che l’Annia scavalcasse il Marzenego con un ponte; così farebbe pensare un toponimo Ponte di Pietra localizzato tra Mestre e Campalto.
In un primo tempo la via Annia rimase una semplice via di transito con funzioni prevalentemente militari attraverso una plaga idrograficamente difficile; ma quando nel I sec. a. C., con i tre porti sull’Adriatico di Altino, Concordia ed Aquileia, Roma rafforzò la sua presenza nella “Venetia maritima“, tramite strategico delle relazioni commerciali tra l’area mediterranea e l’Europa continentale, e si intensificarono i rapporti economici fra le terre rivierasche e i territori dell’interno, la grande arteria litoranea venne ad assumere una funzione di collegamento e di cerniera fra i centri portuali della costa e la “Venetia mediterranea“, quantunque i traffici commerciali preferissero di gran lunga, perché più sicure, rapide ed economiche, le vie d’acqua dei tanti fiumi della pianura veneta e le rotte di una frequentata navigazione endolagunare.
Caduto l’Impero d’Occidente, la divisione tra entroterra longobardo e linea costiera bizantina e il declino delle città litoranee di Altino, Concordia e Aquileia segnarono il destino dell’Annia, posta proprio lungo il confine tra le due entità politiche. In territorio mestrino la strada non scomparve, riducendosi però a un tratto della rete viaria locale. La realizzazione del Canal Salso nel XIV secolo intercettò l’antica consolare, dividendola in due tronconi. Quello nord, definito “Stradella” in un documento del 1315, rimase in uso come via pubblica tra Cavergnago e Terzo (oggi Tessera) e corrisponde all’attuale via Orlanda; a sud del Salso, nei Bottenighi l’Annia finì declassata a strada vicinale; ancora ben visibile nel suo tracciato perfettamente rettilineo, a est della strada per Padova – ora Fratelli Bandiera -, nelle mappe primonovecentesche, scomparve con la realizzazione della zona industriale di Porto Marghera.
Nei secoli tra Alto e Basso Medioevo, sul nostro territorio si impose l’autorità, prima feudale poi comunale, di Treviso; sorsero nuovi centri, da essa dipendenti: Mestre, Noale, Castelfranco; soprattutto si assistette all’ascesa di Venezia. Questa nuova gerarchia urbana, con il conseguente riorientamento dei traffici e delle linee di transito, comportò una ristrutturazione della rete stradale. Oltre che il collegamento tra i centri maggiori del dominio trevigiano, assoluta importanza assunsero le comunicazioni tra l’entroterra e l’emporio realtino, punto di convergenza di importanti flussi commerciali internazionali nonché polo di attrazione delle economie locali.
Il ridisegno del sistema viario non poteva non interessare, data la sua collocazione, il bacino del Marzenego: nei nuovi assetti territoriali, Mestre e l’area mestrina costituivano un ganglio nevralgico delle comunicazioni. Il Terraglio da Treviso, la Castellana da Castelfranco, la strada da Camposampiero e Noale: arterie medievali le quali tutte convergevano su Mestre. A esse si aggiungeva, a completare la rete locale, l’importante via Noalese da Treviso a Padova per Scorzè.