di Sandro Lezzi e Andrea Terrigno
Fruibilità. E’ uno dei temi centrali del Contratto di fiume.
Questa storia della discesa in canoa di tutto (o quasi) il corso dell’Adige, da Bolzano a Chioggia, non interessa direttamente il Marzenego, ma aiuta a capire quanto ricca possa essere un’esperienza di esplorazione del territorio visto dal fiume.
L’interesse di questo racconto non consiste tanto nella precisione dei dettagli (un po’ scarsa, a dire il vero) ma nella capacità dei narratori di leggersi dentro e di assorbire, anche fisicamente, la vicinanza con il fiume.
Sandro e Andrea non sono atleti professionisti, ma ragazzi avventurosi e coraggiosi che vogliono conoscere – senza mediazioni. Ed è bello leggere della loro percezione del mare da lontano dalla particolare luminescenza dell’aria, del loro riconoscere dagli odori esperienze già vissute, del loro dare i nomi ai siti come i fanno gli esploratori, dei loro incontri cordiali – forse inaspettatamente – con ‘villici’ e ‘autoctoni’, dell’andare senza il tetto della macchina che ti impedisce di vedere i maestosi strapiombi delle montagne incombenti, della percepita violenza dei piloni dei ponti e delle chiuse che mettono a rischio l’incolumità delle persone e l’integrità dell’ambiente, della violenta intrusione dei rumori assordanti e continui dei TIR e dei treni che arrivano ad impedire il sonno, della scoperta delle astuzie delle anatre per proteggere i loro piccoli, e di molti episodi, curiosità, accorgimenti, pensieri e sensazioni.
Racconto asciutto, senza abbellimenti, senza artificiosità, senza presunzioni né autoincensamenti. Sincero e gradevole alla lettura.
Questa è la descrizione del viaggio compiuto da Sandro Lezzi e Andrea Terrigno in canoa biposto sul fiume Adige, senza vettura d’appoggio o aiuti di qualsiasi tipo
Giorno 1, 22/06/2004 — da Ponte Adige alla Foce del Noce (45 km)
Sandro: “Ho messa la sveglia alle ore 4 ma per quell’ora sono già uscito dal letto per controllare rapidamente che sia proprio tutto al suo posto. Ci trasferiamo in macchina a Ponte Adige, dove abbiamo posteggiato la canoa al riparo del circolo canottieri, montata e pronta per essere messa in acqua e caricata. Non è facile sistemare bene l’attrezzatura e i viveri e ci mettiamo un po’ ad ottimizzare il tutto per non pregiudicare la stabilità senza sprecare spazio.“
Andrea: “Fossi andato a dormire prima, avrei goduto di un sonno più tranquillo e sarei più fresco al momento dì alzarmi. Insieme a Sandro provvedo a sistemare il carico nella canoa; dopo alcuni cambiamenti siamo pronti a salpare. Provo un leggero nervosismo, dato che sono un neofita e ho partecipato solo a qualche prova sul lago. Accendiamo il GPS per tracciare il nostro percorso, molliamo gli ormeggi e su consiglio di Sandro effettuiamo subito qualche manovra di approdo. Meglio eseguire l’approdo rapidamente prendendo bene le misure, in modo da giungere all’esatto punto in cui si desidera approdare (è uno spreco inutile di forze dover recuperare controcorrente, ed eventuali situazioni pericolose devono essere evitate ad ogni costo).”
Sandro: “Partiamo alle ore 7 circa. Il primo tratto da Ponte Adige alla confluenza con l’Isarco è molto piacevole, il corso del fiume costeggia la collina offrendo una magica e trasognata vista di Castel Firmiano, come se ci trovassimo in un viaggio a ritroso nel tempo. Il primo ostacolo però ci riporta al presente: il ponte dell’arteria stradale che collega Merano a Bolzano con i suoi piloni ravvicinati e in leggera curva verso destra rispetto al corso del fiume creano al centro un’onda alta circa 80 cm. Al centro e a sinistra vi sono grosse lastre di cemento poggiate alla rinfusa per creare uno sbarramento quando il livello dell’acqua è basso. Comunico quindi a voce alta il mio intento di tenerci sulla destra sin da una distanza di 100 metri.
Fino al successivo ponte di ferro (pista ciclabile) fila tutto liscio, ma dopo il ponte ci sorprende una secca al centro del corso d’acqua che anche in piena si rivela e ci costringe a transitare in uno stretto filo di corrente sull’estrema destra., in quanto non abbiamo anticipatamente portata la nostra imbarcazione sulla sinistra già prima del ponte. L’importante in questo caso è non rimanere al centro.”
Andrea: “Sandro mi corregge ripetutamente e con pazienza il modo in cui manovro la pagaia, per insegnarmi a non sprecare forza inutilmente e a risparmiare la schiena: la mia è un po’ messa male a causa del mio lavoro prevalentemente sedentario. È necessario tenere permanentemente ben distese entrambe le braccia e utilizzare il braccio vicino alla pala che affonda in acqua come fulcro, mentre l’altro spinge. Il busto rimane eretto e ruota sul bacino da un lato all’altro senza sbilanciare l’imbarcazione. Lo spostamento da un lato all’altro è da eseguire passando il remo alla quota più bassa possibile sopra la canoa senza far toccarla; la pala entra in acqua quasi come una lama, scarica l’impulso desiderato nell’acqua per poi uscirne con il minor spruzzo. Le gambe garantiscono una buona presa tenendo a contatto piedi e ginocchia – gambe divaricate – con lo scafo.”
Sandro: ” Da Ponte Adige alla confluenza con l’Isarco il corso è largo circa 40 metri con diversi cambi di pendenza in rettilineo che creano una piacevole sensazione di accelerazione e comunque incrementa la velocità media. La confluenza con l’lsarco non presenta problemi, semplicemente il livello raddoppia e dai.5,5-6,5 km/h si passa agli 8,5-10 km/h! Bisogna fare attenzione transitando nei pressi del ponte della ferrovia a Ora: il fiume forma una “S” e ci sono strane turbolenze.
Sino al confine con il Trentino, 2 km dopo il ponte di Salorno, l’Adige scorre diritto. L’unico approdo praticabile visto finora si trova a 150 metri dopo il ponte di Salorno, sulla riva sinistra. Il fiume, assai grosso, dopo Salorno scorre rettilineo per 3 km e con questa luce assume colori che variano dal giallo dorato al verde pisello, sino ad un grigio argento/mercurio. Gli argini che ci sovrastano di almeno 7 metri impediscono qualsiasi visuale laterale se non le montagne che dal nostro punto di vista salgono direttamente da dietro le ripe, verticali per circa 1000 metri. Il paesaggio è impressionante (i pendii delle montagne che di solito, transitando in auto, sono. occultati dal tetto, in canoa sembrano incombere su di noi, come il cielo d’un grigio quasi plumbeo ma instabile che minaccia pioggia). Per vedere il monte dietro Salorno ho dovuto torcere il collo, procurandomi uno stiramento e un giramento di testa tale da mettere in pericolo l’assetto della canoa.”
Andrea: “Il fiume fin da Bolzano sa già leggermente di fogna, mescolato ad ammorbidente profumato, una combinazione piuttosto sgradevole, ma ci si fa l’abitudine, apprezzando i momenti in cui un po’ di vento smuove questa cappa dovuta all’inquinamento di noi “civilizzati”. I cambi di pendenza ci tengono con l’attenzione alta, anche perché in mezzo all’acqua non ci si deve lasciar distrarre troppo. Un masso o qualche ostacolo imprevisto sotto il filo dell’acqua potrebbe farci colare a picco come due imbecilli. La comunicazione diventa diretta ed essenziale, lasciando spazio anche ad esclamazioni d’esultanza per via della nuova esperienza.”
Sandro: “Approfittiamo della corrente abbastanza veloce da permetterci di non remare, mantenendo ancora una media veloce (6,5 km/h), per prendere confidenza con alcune manovre; ad esempio, ruotare su sé stessi nel minor tempo possibile, mettersi quindi prua alla corrente e rallentare, spostandosi lateralmente verso riva – solitamente verso quella interna quando ci si trova in curva – e fermarsi o addirittura risalire controcorrente. Tale manovra è il modo più sicuro per fermarsi. Procedere diversamente può creare seri problemi.