Francesco Vallerani – Devozione fluviale e il sistema sorgivo…
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pag. 6 - Vallerani / Devozione fluviale e sistema risorgivo
Paesaggi e storie d’acqua
Altro aspetto da tener conto in qualunque iniziativa di recupero dei segmenti idraulici sono le storie d’acqua, espressione di uno stretto e affettuoso legame tra corpo idrico e rivieraschi.
Le testimonianze iconografiche sono abbondanti, anche se spesso disperse e poco organizzate. Un caso significativo è la barca che si vede in una stampa del 1852; Marco Moro raffigura il passaggio del Piave tra Quero e Vas dove c’è il castello di Quero; c’era questa barca, con funzioni di traghetto, con la poppa molto larga per poter attraversare un fiume con rapide. Non c’è il remo ma una pertica azionata da poppa. Davo questa imbarcazione per estinta ma in realtà sul medio Piave, a Cimadolmo, è stato possibile rinvenire la medesima tipologia, anche se costruita in lamiera metallica DIA). E questo è uno spunto per recuperare antiche consuetudini rivierasche. Altre storie le possiamo ricostruire attraverso le fotografie.
C’è un grande lavoro che stanno facendo molte biblioteche comunali coinvolgendo i loro iscritti: andate a vedere, fate un censimento, spolverate, aprite i cassetti, aprite i bauli in soffitta; ed è venuto fuori tutto un patrimonio di foto storiche.
Come nel caso di un pescatore di frodo a bordo del suo saltafossi lungo le basse acque del fiume Meolo,.
Foto più recenti: questa è una persona che non ho più rivisto. Lui ci ha costruito una pantana del Sile per un corso che abbiamo organizzato con gli studenti di antropologia di Ca’ Foscari. Il barcaro ci ha dedicato parte del suo tempo, circa una quarantina di ore, per mostrare agli studenti tutte le fasi per la costruzione di una pantana.
Ecco che “andare al fiume” potrebbe essere una buona opportunità per fare scuola di territorio, recuperando competenze, abitudini, conoscenza, da cui in seguito far derivare rispetto e tutela ambientale. Ma anche cercare opportunità per la promozione di attività ricreative e per il tempo libero, anche se permangono, nel caso dei piccoli fiumi, ancora irrisolti problemi che penalizzano la loro fruizione nautica. E questo fin dagli anni ’80, quando per la prima volta mi sono dedicato alla “viandanza” acquatica, in giro per i fiumi del Veneto. Si poteva navigare, non c’era il problema della portata d’acqua, anche se da giugno a settembre non era possibile remare per l’eutrofizzazione, c’era uno sviluppo enorme di alghe per cui era praticamente impossibile: galleggiavi su un tappeto di alghe.
Il riavvicinamento delle popolazioni ai propri fiumi sta iniziando anche da noi, certo non ancora al livello delle situazioni più esemplari attivate oltralpe. Utile, a questo proposito, è la consultazione del sito “Drinkable Rivers”, che è stato realizzato da una università olandese a Delft, coinvolgendo anche i cittadini: la chiamano “Citizens Science”, la scienza dei cittadini; cioè affidano i prelievi per l’analisi della qualità delle acque ai cittadini (associazioni, scuole, gruppi di volontari, ecc.), danno loro le istruzioni necessarie, invitandoli ad essere protagonisti e a crearsi autocoscienza. La consapevolezza è fondamentale, meglio se sostenuta da esperti provenienti dalle Università o dai Consorzi, trasformando in tal modo i cittadini in esperti vigilantes del territorio.
Devozione e legami affettivi con i corsi d’acqua
Per concludere questo breve contributo sul legame affettivo con i corsi d’acqua, mi piace rammentare una significativa esperienza fluviale. Essendo un lettore appassionato di José Saramago, lo scrittore portoghese premio Nobel della letteratura, mi ha sempre colpito nelle “Piccole memorie” (ecco l’importanza ancora della memoria), , la sua rievocazione degli anni dell’infanzia, con le piccole esplorazioni dietro casa, lungo la sponda del rio Almonda, elogiandone la bellezza e la familiarità. Durante un breve viaggio in Portogallo, alla ricerca di fiumi e di scrittori, mi fermo ad Azinhaga, il paese natale di Saramago: trovo il sito della casa con tanto di lapide celebrativa, aggiro l’edificio per arrivare alla sponda del piccolo fiume Almonda. Guardando verso valle, vedo in lontananza una barca che sta attraccando. Corro subito: “Come, una barca sul piccolo corso d’acqua? è meraviglioso tutto ciò”. Vado laggiù e scopro che non è una piccola barca, è una grande barca, di quelle che navigano il non lontano fiume Tago, tra i più importanti della penisola Iberica. La barca appartiene a un pescatore d’acqua dolce, pronto a caricare il pescato in un furgone frigorifero. Come ai tempi dell’infanzia di Saramago, qui i fiumi sono ancora elementi vissuti, in grado di sostenere modeste sussistenze, un segnale positivo che restituisce speranza per un futuro più attento al patrimonio tutt’altro che inesauribile delle nostre acque dolci.
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