Andrea Sottani – La disponibilità di risorse idriche…
Parte II/V
II. Quantità della risorsa: dal consumo del territorio al regime degli acquiferi - pag. 2
17.18. In merito alla quantità della risorsa idrica non è pensabile, in poche decine di minuti, addentrarsi nei termini tecnici e negli scenari di dettaglio che contraddistinguono il panorama veneto: lo schema della figura [dia 18] è utile per far comprendere come il sistema idrico sotterraneo sia una sorta di “scatola”, entro la quale vige un bilancio numerico, preciso e dinamico.
Nel momento in cui i fattori di uscita eguagliano quelli in ingresso, il livello e quindi le portate dei corpi idrici si mantengono relativamente stazionari nel tempo. Ove invece ci siano degli scompensi si determinano squilibri, conseguenze negative che possono generare danni per la risorsa.
Scompensi importanti contribuiscono al passaggio fenomenologico dalla anomalia (evento che può risultare transitorio) alla variazione (situazione cui può corrispondere una caratteristica di stazionarietà, anche irreversibile).
In quest’ultimo caso un certo quadro territoriale (che comprende il paesaggio e l’ecologia dei sistemi di risorgiva) può risentirne in modo pesante.
Per delineare alcuni andamenti di lungo periodo delle risorse idriche sotterrane possono essere commentati alcuni grafici, che aggiornano la situazione reale.
È importante ricordare che anche alla scala locale di un comune come Castelfranco il sistema sotterraneo è in grado di erogare portate molto consistenti. Un pozzo di acquedotto (slide n. 18) può emungere di norma portate dell’ordine di 100 litri al secondo o anche superiori (nel Medio Brenta ci sono dei pozzi di acquedotto anche recenti che arrivano a 200-250 litri al secondo di portata), sicché a fine anno avrà estratto dal sistema sotterraneo 3 milioni di metri cubi d’acqua. Va da sé, per essere concreti, che l’effetto della ricarica pilota cui si è fatto cenno poco prima, in un anno e passa di esercizio avrà bilanciato il prelievo di un pozzo di acquedotto funzionale a soddisfare un’utenza di circa 30.000 persone e oltre. Questi sono i numeri in gioco.
Passa col mouse per ingrandireDal punto di vista quantitativo i dati del Pozzo RM 76 Cittadella – dopo tanti anni ancora in gestione del Consorzio Brenta – sono quanto mai interessanti. I dati sono pubblicati in rete: nel diagramma della diapositiva 19 viene ricostruito l’andamento del sistema geo-idrogeologico dagli anni ‘50 fino al 2019, mettendo insieme tutte le informazioni disponibili.
Si può osservare come una fase iniziale, a cavallo dei primi anni sessanta, manifesta una modesta oscillazione tra i 42 e i 43 metri sul livello del mare (circa un metro di oscillazione): tutto sommato si tratta di una relativa stabilità, che è indice di una situazione di equilibrio all’interno della scatola del regime idrogeologico.
A seguire si fanno strada verso la superficie i primi effetti del progresso e dell’industrializzazione anche in seno all’acquifero: le tendenze si esasperano nei decenni del boom economico, cui sono da associare indici di sfruttamento così elevati da causare livelli che si abbassano sempre di più; gli andamenti medi della falda raggiungono punte di minimo precedentemente mai raggiunte. Il sistema inizia forse ad esprimere i segnali di sofferenza corrispondenti ad una sorta di sovrasfruttamento?
Negli anni seguenti, che vanno dal 2010 al 2017, identificati dal riquadro giallo più a destra, si osserva l’instabilità massima del sistema: ai valori di minimo assoluto si accompagnano indici di oscillazione mai raggiunti prima, tipici delle fasi più delicate in cui si passa in breve periodo dalla siccità più spinta alla alluvione ed al dissesto idrogeologico.
63 anni di osservazioni piezometrica di questo pozzo, che è collocato poco a monte rispetto alla linea delle risorgive, fanno capire (se si ha motivo di intendere) quale sia la direzione che le acque sotterranee in questo momento esprimono.
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20.21. Dal punto di vista territoriale il sistema geoidrologico “naturale” è evidentemente in crisi: esso è tipicamente rappresentato da situazioni parossistiche, come quelle denunciate nei giornali locali dove (si sta parlando di una porzione del bacino dell’Agno in provincia di Vicenza) a distanza di poco più di 2 anni si passa da una situazione di allagamento epocale e di criticità idrogeologica assoluta a una fase di siccità totale, che costringe anche l’attività agricola a fare i conti con una scarsità di risorsa mai rilevata precedentemente.
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22. 23. Se si va ad osservare le cause che possono giustificare, almeno in parte, gli andamenti citati, torna utile fare riferimento agli esiti di uno studio dei primi anni 2000 sul consumo del territorio in provincia di Vicenza, in cui venivano espressi gli indici, evidenziati in colore verde, riferibili a questa fattispecie.
Precedentemente (1984) il Censis aveva valutato su Vicenza un valore sito-specifico di 270 metri quadri per abitante attinente alla “superficie impegnata” pro capite; nel 2002 lo stesso parametro sfiora i 350 metri quadrati.
Passa col mouse per ingrandireSi vedrà nel prosieguo come questo indicatore possa essere ulteriormente aggiornato con il dato Ispra 2019, che ben qualifica le risultanze delle politiche nazionali.
Il consumo del territorio è una delle concause dei trend quantitativi idrogeologici in atto.
Tra le conseguenze del consumo di territorio, oltre alla sottrazione di suolo ed alla perdita di ecosistemi, bisogna annoverare la diminuzione dei tempi di corrivazione idrologici, le problematiche alluvionali di erosione e di dissesto, la perdita di infiltrazione e quindi la mancata ricarica degli acquiferi profondi, ove dovrebbe completarsi il ciclo naturale di distribuzione dell’acqua.
Passa col mouse per ingrandire24. I trend a Vicenza fino al 2010 sono omogenei e tutti in crescita, a prescindere dalla metodica di analisi: all’epoca degli studi citati la situazione pare oggetto di attenzione cosicchè iniziano a diffondersi quelle esigenze di scelte politiche e di opere di programmazione in grado di portare a una inversione di queste funzioni, fino all’inversione della tendenza, che dovrebbe poter rappresentare un risultato della corretta gestione del territorio.
Passa col mouse per ingrandire25. L’ISPRA nel 2019 pubblica gli ultimi dati, anche questi disponibili in rete – che non occorre commentare diffusamente.
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26. Alcuni dati aggiornano a pochi mesi fa le tendenze sul consumo percentuale di suolo nella nostra regione, anche per confronto con altre località e con la media nazionale:
Belluno 3,39
Padova 19,09
Treviso 17,11
Venezia 14,81
Verona 13,72
Vicenza 13,36
Milano 31,99
Roma 13,20
Trieste 22,96
……………………….. Consumo medio percentuale a livello nazionale 7,6%
Un consumo medio percentuale a livello nazionale del 7,6% deve essere confrontato a livello Veneto con i valori più virtuosi nel Bellunese (inferiore del 3,3%), fino alle punte del Trevigiano e del Padovano, che sono prossime al 20%. Milano che è al vertice della classifica arriva a un 31,99%.
Passa col mouse per ingrandire27. Un altro dato che deve far pensare al primato del Veneto è rappresentato dall’indice di 464 metri quadri per abitante: un primato tristemente negativo perché simultaneo ad una controtendenza espressa dalla diminuzione della popolazione residente.
Quindi il maggior consumo non è nemmeno giustificato da un aumento di nuovi abitanti.
Passa col mouse per ingrandire28. Ricapitolando su Vicenza valori storici, pregressi ed aggiornati si elabora quanto graficato nella diapositiva 28, dove vengono riportati i dati dal 1950 (142 mq per abitante) al 2018 (421 mq).
Il parametro numerico che non può non destare interesse scientifico, oltre che preoccupazione idrogeologica (sentimento non comune), è il coefficiente di correlazione (prossimo all’unità) che accomuna l’interpolatore di queste informazioni. Il consumo di suolo aumenta regolarmente negli anni da oltre 70 anni per cui le possibilità che in tempi brevi il trend abbia modo di rappresentare una inversione netta risultano di fatto assai modeste.