Tavola rotonda: L’ACQUA È FINITA? Conflitti e possibili soluzioni
Moderatore: PIETRO CASETTA
Geografo, Giornalista, socio dell’Associazione Regionale Giornalisti Agroalimentari e Ambientali
Francesco Baruffi,
Segretario Generale presso il Distretto Idrografico delle Alpi Orientali:
Il piano di bacino/distretto tra fiumi di risorgiva e grandi fiumi: risultati e prospettive.
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[Essendo l’intervento non ancora disponibile,
ne pubblichiamo l’abstract già inserito nella cartellina del convegno]
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Il Distretto delle Alpi Orientali comprende le Regioni del Veneto, Friuli Venezia Giulia, nonché gran parte delle Province autonome di Trento e Bolzano.
Il clima si configura come temperato-umido con precipitazioni medio annue molto variabili nella direzione sud-nord fino al primo ostacolo orografico costituito dalla fascia prealpina.
I valori medi variano, infatti, da poco meno di 700 mm della parte più meridionale del Veneto (provincia di Rovigo), fino a ben oltre 3000 mm riscontrabili nell’area dei Musi di Lusevera e Uccea posta nei pressi del confine tra Slovenia ed Austria.
Il Distretto comprende sei grandi fiumi a carattere fluvio-torrentizio che sfociano nell’Adriatico lungo l’arco costiero compreso tra Trieste e Chioggia: L’Isonzo, Il Tagliamento, il Livenza, il Piave, il Brenta-Bacchiglione e l’Adige. Esiste poi un sistema idrografico minore costituito dai fiumi di risorgiva presenti nella bassa pianura alimentati dalle dispersioni dei corsi d’acqua principali. Tra questi da ovest vero est: il Dese, il Sile, il Lemene, lo Stella, l’Aussa-Corno.
Il volume medio delle precipitazioni che cadono nel nord-est è circa il 15% delle precipitazioni che cadono in tutto il territorio nazionale. Nel rapporto tra disponibilità effettive e superficie il nord-est è dotato di una disponibilità su km2 pari a circa il doppio del territorio nazionale.
Possiamo quindi dire che tale area geografica è esente da possibili problemi di crisi per scarsità idrica? La risposta è no. Infatti, se teniamo conto della crescente idroesigenza del territorio, dei vari casi di inquinamento delle falde sotterranee (rese così indisponibili per il loro uso), della sempre maggiore penetrazione del cuneo salino con processi irreversibili di salinizzazione delle falde presenti nella fascia costiera, dell’abbassamento continuo dei profili di falda con la perdita di molte risorgive, dobbiamo concludere che anche nel nord-est la risorsa idrica non è più un bene ridondante, bensì una risorsa limitata.
Su tali presupposti che fotografano lo stato attuale delle risorse idriche, va poi posto e valutato il possibile effetto degli scenari di cambiamento climatico. Da una valutazione effettuata per questo ambito territoriale è stato stimato un aumento di temperatura al 2071 di +2 gradi. La domanda quindi è: “quanto ci possiamo permettere nel contesto di uno scenario di questo tipo nell’uso delle risorse idriche?”. La risposta va affidata alla pianificazione di bacino e ad una analisi del rischio, utile per stabilire le possibili misure adattative di carattere strutturale e non strutturale come per esempio la ricarica artificiale degli acquiferi (water banking). Va però osservato che tutto ciò non può essere ritenuto sufficiente. Il processo vero e proprio da intraprendere deve essere di carattere culturale. Tutti i diversi portatori d’interesse, nonché utilizzatori, attraverso concrete e sistematiche buone pratiche quali la cooperazione, la prevenzione e l’equo utilizzo devono, infatti, costruire i tre pilastri fondamentali per un uso sostenibile e futuro di un bene unico, fondamentale ed insostituibile: l’acqua.
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