Maria Giovanna Lazzarin
La fossa Pagana: una lunga storia
Un caso esemplare di come e perché nel tempo sono cambiati gli interventi sui corsi d’acqua
- Introduzione
- Una storia antica
- La fossa Pagana e il Marzenego
- Da fossa a collettore fognario
- La rinascita della fossa Pagana
- La fossa Pagana nell’occhio del comitato allagati di Favaro
- I lavori per mettere in sicurezza idraulica la fossa Pagana
- Alla ricerca di vecchi fossati
§ § §
La fossa Pagana è uno scolo della campagna lungo 3,5 Km che scorre tra Favaro Veneto e Campalto e attualmente va a depositarsi nel bacino dell’idrovora di Campalto e da lì viene immesso nel Marzenego-Osellino. La sua storia ci sembra un esempio significativo:
- dei danni ambientali, ma anche idraulici di un approccio esclusivamente idraulico alla progettazione, gestione e manutenzione dei corsi d’acqua, che ha portato nel secondo dopoguerra a cementificare, risagomare, rettificare gli alvei, rimuovendo spesso la vegetazione riparia;
- dei cambiamenti avvenuti negli ultimi vent’anni, a partire dalla legge 183/89 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” che ha cercato di affrontare l’aumento del dissesto idrogeologico con l’utilizzo di tecniche di ingegneria naturalistica attente all’impatto ambientale delle opere, alla riqualificazione paesaggistica e ambientale e alla biodiversità di un territorio;
- dell’importanza della partecipazione dei cittadini alle decisioni che si prendono rispetto al territorio in cui vivono, rispettando le competenze dei tecnici, ma contribuendo con le proprie conoscenze ed esigenze alla formulazione del progetto.
La storia della fossa Pagana infatti è anche la storia di un progetto partecipato di risistemazione che anticipa il contratto di fiume.
La fossa Pagana in età moderna era probabilmente lo scolo delle acque di un territorio boschivo e prativo che diventava sempre più paludoso andando verso la laguna. La scarsa pendenza del terreno favoriva il ristagno delle acque che mescolandosi con la marea della laguna creava una vasta area paludosa ai margini della laguna. Lo stato di questi luoghi era causato anche dalla politica della Repubblica di Venezia “che preferiva fosse lasciata incolta la parte di terra antistante la laguna per una profondità di almeno 5 miglia sia per prevenire epidemie contagiose […] sia per allontanare l’insabbiamento della laguna”.[1]
La sua origine probabilmente è ancora più antica. Pino Sartori dell’associazione la Salsola nel corso di una visita guidata ha spiegato che la fossa, quando attraversa la campagna dei Sorato, passa vicino all’antico percorso della strada romana “Annia-Emilia-Altinate” che consentiva il collegamento tra l’antica Padova, Altino, Concordia, Aquileia. I ritrovamenti di Jacopo Marcello (1951 e altri) che lo comprovano sono depositati al museo di Altino.
“In questa zona ho trovato dei funghi che di solito si trovano sui cordoni dunali; questa è una testimonianza che Campalto – campo alto – all’epoca dei romani era una duna; l’altura che si vede nella campagna dei Sorato probabilmente lo dimostra. Abbiamo anche una prova archeologica: qui negli anni 80 del Novecento è stato trovato un focolare con resti di cacciagione risalente al tardo bronzo. Quindi questa zona era già abitata forse 3000 anni fa. Non a caso i romani hanno fatto passare di qua la via Annia”.[2]
Quando nel 1506-07, per evitare che il Marzenego continuasse a sfociare di fronte a Venezia, viene scavato lungo l’orlo lagunare il canale Osellino dove convogliare le sue acque, la fossa Pagana è immessa in questo canale.
Nella carta disegnata nel 1595 da Gioan Alvise Galesi, viceprotto dell’officio sopra le acque,[3] la vediamo raccogliere le acque del canal di Tessera detto Brenton, scorrere in rettilineo tra terreni di proprietà di privati (Morosini) o di enti religiosi ( Patriarcato e Crociferi), tenuti per lo più allo stato naturale di “paludi, pradi, valli e pascoli” e immettersi nel “canal Oselin” arginato solo nella riva verso la laguna.
Fino al XIX secolo il suo corso e la sua foce sembrano mantenere lo stesso andamento.
Nel particolare della carta IGM del 1887 la Pagana scende da Favaro Veneto attraversando terreni a prato stabile (in verde) o arativo, vitato, arborato (in ocra) con boarie sparse fino a lambire, nell’ultimo tratto, una vasta area paludosa (in azzurro).
In questo particolare della corografia del Consorzio di bonifica Dese Inferiore dei primi anni del Novecento, si vede chiaramente tutto il corso della Fossa Pagana. (L’intera corografia è visibile nel settore Carte e Mappe)
Tutto cambia nel secondo dopoguerra del XX secolo.
Tra il 1947e il 1954 il Consorzio Dese Sile Inferiore, su progetto presentato il 10 giugno 1946 dall’ing. Antonio Bullo e dal geometra Italo Ravasini, realizza la bonifica idraulica del bacino Campalto. Al posto della piccola idrovora inaugurata nel 1922, l’impresa dell’ingegner Guido Kofler di Padova scava il bacino d’arrivo, costruisce la prima parte dell’attuale edificio, la strada d’accesso, la casa per il macchinista e installa i tre gruppi di elettropompe forniti dalla Società Franco Tosi di Milano.
Tra i diversi lavori si procede anche all’escavo della fossa Pagana che diventa collettore e va a confluire nel bacino dell’idrovora, per essere poi versato a scolo meccanico nella sua storica destinazione.
Nel 1960, su progetto dell’ing. Aldo Rinaldi, la fossa Pagana viene definitivamente cementificata, per ricevere le acque depurate di fognatura provenienti dagli impianti di depurazione del bacino di Favaro Veneto da poco costruiti [4].
Il progetto di cementificazione rientra nelle scelte ingegneristiche dell’epoca che mirano a garantire il minimo ingombro e il rapido deflusso delle acque verso la laguna di Venezia. La depurazione in quegli anni aveva un’efficacia intorno al 60% e il resto veniva rilasciato nella fossa Pagana che ne risentiva in qualità delle acque.
Nel 1991 si avvia un nuovo piano di gestione delle fognature con la costruzione dell’impianto di depurazione di Campalto in grado di depurare fino al 90% delle acque. Da allora le acque reflue dell’area nord-est del comune di Venezia, incanalate in un tubo di nuova costruzione, vanno direttamente al depuratore di Campalto, mentre la Pagana riceve le acque di prima pioggia che vengono immesse dall’impianto di Favaro trasformato in impianto di sollevamento. Ma ancora all’inizio di questo secolo una relazione certifica che la fossa è il collettore con caratteristiche biologiche ed estetiche peggiori dell’intero bacino Campalto, secondo solo al collettore Acque Basse (bacino Campalto, consorzio Dese Sile 2007).[5]
Saranno due leggi a modificarne il destino:
- la legge 183/89 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” che ha come obiettivo la sicurezza idraulica e la qualità ecologica degli ambienti fluviali;
- la legge speciale per la salvaguardia della laguna di Venezia che mira alla protezione dall’inquinamento e dall’intrusione salina e mette a disposizione importanti finanziamenti.
Il consorzio di bonifica Dese Sile viene così spinto a ripensare i suoi corsi d’acqua e a cercare soluzioni tecniche attente alla valenza naturalistica e paesaggistica per contrastare il rischio idraulico e migliorare la qualità dell’acqua.
Tra il 2002 e il 2004 la fossa Pagana viene rinaturalizzata:
- la canaletta di rivestimento in calcestruzzo viene demolita completamente per 1,5 Km. e parzialmente in prossimità delle abitazioni,
- viene ridotta la pendenza delle sponde, vengono ampliate e diversificate le sezioni;
- in corrispondenza dei punti di immissione dei principali collettori affluenti, vengono realizzati stagni e zone umide a profondità variabile[6].
Si veda la scheda del Consorzio su questi lavori.
L’intero lavoro, costato 4.648.112,10 € , viene presentato il 26 maggio 2006 al convegno Rio foxi e rio su pau: da problema ambientale ad opportunità per il territorio di Quartu Sant’Elena dall’ingegner Giuseppe Baldo, allora Capo Ufficio Tecnico del Consorzio di Bonifica Dese-Sile.
Nell’intervento vengono sottolineati gli obiettivi del lavoro:
- riduzione degli apporti di fosforo e azoto nella laguna di Venezia
- riduzione del rischio idraulico
- incremento della biodiversità
- miglioramento del paesaggio
- rispetto della fauna selvatica
Il 13 giugno dello stesso anno esce un articolo de La Nuova Venezia dal titolo: Fossa pagana oasi di uccelli. Sempre a giugno la classe I A della scuola media Volpi presenta alla municipalità di Favaro Veneto una petizione per rendere fruibile la fossa Pagana ai cittadini.
Tutto bene, allora?
Non proprio.
Il 16-17 settembre 2006, Mestre viene allagata e Favaro va sott’acqua. Si costituisce un comitato allagati di Favaro, coordinato da Fabrizio Zabeo, che vuole capire le cause di un allagamento che si ripresenta periodicamente da 20 anni e continua a peggiorare.
I membri del comitato provano ad esplorare passo dopo passo il percorso che fa l’acqua di Favaro e si imbattono nella fossa Pagana, scoprendo che la causa primaria degli allagamenti sono le occlusioni presenti in quel canale che non permettono alle acque versate dall’impianto di prima pioggia di via monte Mesola di defluire, quando Veritas (che nel 2006 era ancora Vesta), in occasione di piogge molto intense, mette in funzione tutte e tre le sue pompe. (galleria foto: 20070127 Foto esplorazione Pagana)
Preparano un dossier, in cui individuano le principali occlusioni esistenti nella fossa Pagana che impediscono alle acque di defluire e chiedono che vengano rimosse per mettere in sicurezza idraulica Favaro Veneto.
A febbraio 2007 lo consegnano al sindaco di Venezia.
Il 7 aprile 2007 guidano Gabriele Scaramuzza, presidente della Municipalità di Favaro Veneto e gli altri rappresentanti della municipalità in sopralluogo alla fossa Pagana.
il 18 aprile 2007 presentano le richieste di interventi alla municipalità di Favaro e alla Vesta.
il 9 maggio 2007 hanno un incontro con l’ing. Giuseppe Baldo del consorzio Dese Sile che presenta il progetto di uno sfioro di sicurezza in corrispondenza della chiusa situata nei pressi della campagna dei sig.ri Sorato, che il comitato aveva segnalato come prima occlusione della fossa Pagana. Ecco la relazione dell’incontro.
A giugno cominciano i lavori per risolvere la prima occlusione che aveva individuato il comitato allagati di Favaro .
Gli allagati di Favaro possono dormire sonni tranquilli?
No. E infatti chiedono urgentemente altri interventi, che non arriveranno in tempo. Si veda in merito l’intervento di Fabrizio Zabeo (Cons. Municipalità di Favaro, 5 luglio 2007) sui lavori effettuati e quelli da fare urgentemente, che si conclude con la richiesta di raddoppio della botte a sifone in via Domenico Savio.
Il 26 settembre 2007 assistono impotenti all’allagamento peggiore degli ultimi anni.
I veri lavori per sistemare la fossa Pagana cominciano solo nel 2008.
L’impresa Cignoni S.R.L realizza, per l’importo di € 225.000,00, una condotta di collegamento scatolare dimensioni 2 x 2 tra il ramo di monte e quello di valle della Fossa Pagana e uno sfioratore di troppo pieno della Fossa Pagana sul Collettore di Favaro in prossimità del nodo idraulico di Via Domenico Savio in Favaro Veneto.
Queste foto mostrano le due fasi dei lavori di adeguamento della Fossa.
8. Alla ricerca di vecchi fossati
Ma questi lavori non sono sufficienti, perché la fossa Pagana non sempre riesce ad assorbire tutto il carico di acqua che vi immette l’impianto Veritas di via Monte Mesole durante le forti piogge.
L’idea del comitato allagati è ripristinare gli antichi fossati che raccoglievano l’acqua e la trattenevano quando quelle zone erano ancora campagna.
La prima occasione viene loro con i lavori per la costruzione della strada Vallenari bis. Quella strada attraversa un’area di campagna subito a sud di Favaro e del primo tratto della fossa Pagana. Subito Fabrizio Zabeo, a nome del comitato, chiede che venga costruito a fianco della strada un fosso 2m x 2m.
Ma la vera soddisfazione del comitato si ha quando, perlustrando la zona, scoprono a partire dal primo tratto della Pagana un fosso dimenticato e ormai ricoperto di terra. Quel fosso una volta riattivato e collegato ai fossati della Vallenari bis permetterà di mettere in sicurezza il 33% delle acque fuoriuscite dell’impianto Veritas di via monte Mesola durante le forti piogge.
La fossa Pagana, che così viene alleggerita dal carico eccessivo d’acqua, ringrazia!
Come dice Fabrizio Zabeo: “I fossi, se curati e rispettati, ci salveranno dagli allagamenti”.
————-
[1] Cit. Luigino Scroccaro, Tre fiumi e un fiumetto, Canova ed. 2004, p. 57
[2] Questo passo è tratto dalla lezione tenuta da Pino Sartori durante la passeggiata ecologica alla fossa Pagana organizzata dal DLF di Venezia il 18.10.2014. [Il prof. Giuseppe Sartori, biologo, è attualmente (marzo 2015) vicepresidente dell’Associazione La Salsola, e portavoce del Forum delle associazioni per il Contratto di Fiume Marzenego. NdR]
[3] Gioan Alvise Galesi, vice protto dell’officio sopra le acque, 24 aprile 1595, Archivio di stato di Venezia, coll.arc.: S.E.A, Laguna, 31
[4] Il progetto fa parte del piano per la nuova rete fognaria della terraferma. Archivio consorzio Dese-Sile, busta 717
[5] Cfr. Peeter Migliorini, Gestione dei corsi d’acqua tra funzionalità ecologica e sicurezza idraulica. l’esperienza del consorzio di bonifica Dese Sile, tesi di laurea 2007-8, p.86
[6] Cfr www.acquerisorgive.it/Scheda-Fossa-Pagana.pdf
Maria Giovanna Lazzarin
§ § §